Destra e sinistra pari sono quando si tratta di dittature. La lezione arriva da LA MACCHINA DELLE IMMAGINI DI ALFREDO C., già alla 78/a. Mostra del Cinema di Venezia ad Orizzonti Extra e ora in sala dal 7 marzo con l'Istituto Luce. Firmato da Roland Sejko (LA NAVE, miglior documentario ai David di Donatello) e prodotto sempre dal Luce, il film racconta la storia di Alfredo C. (Pietro De Silva), operatore di propaganda del fascismo che, da un giorno all'altro, mette la sua professionalità al servizio del comunismo in Albania. Nel 1945, dopo la liberazione, si trovarono trattenuti proprio in Albania 27.000 italiani tra reduci e civili. Tra di loro c'era anche Alfredo C., operatore della propaganda fascista, che si ritrovò a prestare la sua opera per cinque anni in Albania. Ma prima, per quasi un ventennio, aveva immortalato la macchina del regime, consapevole come era della grammatica delle immagini a sostegno del fascismo. "La storia degli italiani trattenuti in Albania dal regime comunista è quasi dimenticata, coperta dalla valanga di eventi che ha travolto centinaia di migliaia di italiani in altri paesi - spiega il regista di quest'opera candidata per il miglior documentario ai David di Donatello -. La chiave per raccontare è arrivata, come spesso succede, per caso, quando, tra i documenti dell'Archivio Centrale d'Albania, in una richiesta di rimpatrio ho notato un nome che conoscevo: quello dell'operatore dell'Istituto Nazionale Luce in Albania, ora, in quelle carte, dipendente del Minculpop comunista. La sua storia, intrecciata giocoforza con le immagini e le storie di altri - continua Sejko -, dava l'occasione per elaborare alcuni temi: l'onnipresenza e le tecniche della propaganda, l'incombenza degli eventi storici sui destini personali, la responsabilità della folla e quella dei singoli. E una riflessione sulla responsabilità - di oggi, come di ieri - di chi produce immagini, e di chi le vede". E ancora il regista: "Nel film si trova un insieme di vari magazzini del Luce, di celle a prova di esplosione, di scatole originali e pellicole vere dell'Istituto Nazionale Luce, di strumenti di montaggio di novant'anni fa, di una moviola degli anni trenta unica in Italia, gentilmente offerta dalla famiglia Prevost e rimessa a funzionare, di una cinepresa, la Parvo Debrie, modello L, in dotazione agli operatori Luce, la stessa cinepresa con cui il Duce si fece fotografare nella sua posa da operatore cinematografico nella famosa gigantografia 'La cinematografia è l'arma più forte'. Era doveroso, e non solo per ragioni stilistiche, girare questo film in pellicola". Incredibile comunque la forza delle immagini di questo documentario, da non perdere, che mostra tante scene di massa, ma a volte anche realtà molto crude. Nessun problema, comunque, per l'operatore che ha come motto quello "di restare impassibile" e di girare la manovella cantando in silenzio "La vispa Teresa, l'unica filastrocca con il ritmo della realtà".
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