Una tragedia sconosciuta ai più è il tentativo di sterminio scientifico, avvenuto in Svizzera, tra il 1926 e il 1986, degli Jenisch, chiamati anche 'gli zingari bianchi'. Un programma di eugenetica che aveva come obiettivo sradicare il nomadismo, basato anche sul sottrarre a forza i bambini alle famiglie della comunità richiudendoli in orfanotrofi e ospedali psichiatrici, dove venivano 'riprogrammati' attraverso abusi fisici e psicologici. Valentina Pedicini, già pluripremiata come documentarista, ne fa, dopo quattro anni di lavoro, il tema della sua opera prima, un serratissimo confronto vittima-carnefice al femminile, in uno dei film italiani più coraggiosi della 74/a edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Dove cadono le ombre, in gara alle Giornate degli Autori e in sala dal 6 settembre con Fandango.
"Sarebbe bello se il pubblico uscisse dalla visione con la curiosità di informarsi di più su questa vicenda - spiega la regista - e con la consapevolezza che bisogna stare attenti. Perché quello che è successo così vicino a noi potrebbe ancora ripetersi. Il mio è un film duro, ma spero ne venga riconosciuta l'onestà". Attraverso i canoni del thriller psicologico e della favola nera e un cast esemplare, va in scena il complesso rapporto fra Anna (la rivelazione Federica Rosellini, qui al debutto come protagonista al cinema), vittima da bambina del 'trattamento', in un ospedale poi riconvertito in istituto per anziani, dove ora lei lavora come infermiera, e Gertrud (Elena Cotta, già vincitrice di una coppa Volpi al Lido per Via Castellana Bandiera), ex medico/ carnefice che ritorna nel suo vecchio ospedale come paziente. A vivere in un quel limbo c'è anche Hans (Josafat Vagni), sul quale il programma ha fatto danni irreparabili, rendendolo una sorta di inconsapevole automa senza coscienza propria. All'inizio l'idea era di fare sugli Jenisch un documentario, "ma poi con Francesca Manieri, cosceneggiatrice, abbiamo pensato che la finzione avrebbe portato luce in maniera più efficace su una storia così oscura".
La regista per il progetto ha anche parlato a lungo con Mariella Mehr, poetessa e scrittrice Jenisch, che è fra i pochi sopravvissuti al trattamento: "Sono da poco tornata in Svizzera per mostrarle il film ed è stata un'emozione straordinaria". Le due protagoniste si mettono alla prova anche fisicamente, tra punizioni, vendette e momenti di unione materno/filiale. "Per il ruolo mi sono preparata in tanti modi. Era importante costruire una precisione nei gesti di Anna e per questo ho lavorato per un mese accanto a un'infermiera in una casa di riposo per anziani - spiega Federica Rosellini, classe 1989, diplomata al Piccolo di Milano e con un curriculum teatrale già notevole -. Anna è una strana vittima, perché da piccola Gertrud l'aveva voluta anche trasformare in una sua attendente. Questo le rende più complicata la liberazione, porta in sé un fortissimo senso di colpa". Elena Cotta ama le sfide e per questo, spiega, "mi ha affascinato la possibilità di interpretare un personaggio complesso come Gertrud. Non ci sono scusanti per gli abusi mentali e psichici di cui si è resa colpevole, ma in lei c'è anche la non coscienza del male che fa, tipica di tutti i fanatici. Il fanatismo, come nel caso anche dei terroristi, ti porta a credere che quella sia la tua missione". Per l'attrice sarebbe importante se anche grazie al film "ci rendessimo più conto di quante pericolose forme di manipolazione si usino ancora oggi, nel mondo, per creare masse da controllare".
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