Gli amanti dei puzzle sanno bene che quattrocento pezzi sono pochi, ma in fondo dipende tutto dalla loro forma. Quando nel 1881 a Cerveteri fu ritrovato il Sarcofago degli sposi in una località della tenuta del principe Francesco Ruspoli, detta "della Banditaccia", sembrava soltanto un mucchio di "rottami fittili" di terracotta. Unendo i frammenti, però, si riuscì a ricomporre l'opera più fortemente identitaria del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, che risale a 2500 anni fa e fu acquistata da Felice Bernabei, fondatore del museo, per 4mila lire. Ora questo complesso puzzle torna a sfidare i restauratori occupati nel suo recupero. La nuova stagione di studi prevede non solo il restauro, ma anche la realizzazione di un piano conservativo, di manutenzione dell'opera e di valorizzazione, attraverso una convenzione fra il Museo e l'Istituto Centrale per il Restauro. I lavori sono stati presentati stamattina e saranno aperti al pubblico due giorni alla settimana (martedì e giovedì dalle 10 alle 13), in un dialogo a tu per tu con gli esperti al lavoro. Il primo lavoro di ricostruzione del sarcofago risale a fine Ottocento. Nel corso dell'intervento furono poste delle lastre metalliche e lasciate visibili le lacune nell'opera. Negli anni '50, poi, furono integrati i vuoti. Questo è rimasto l'ultimo lavoro sul reperto realizzato fino ad oggi. La fase pilota del nuovo progetto, che dovrebbe concludersi in estate, ha interessato la parte corrispondente alle gambe dei due sposi: gli abiti, i piedi di lui, le scarpe a punta di lei. Così, a 150 anni dal ritrovamento, "è cambiato l'aspetto cromatico - ha spiegato la direttrice del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Luana Toniolo - si torna a percepire il colore originale della terracotta. E quando sarà completato il restauro la percezione complessiva dell'opera sarà diversa". L'interesse, infatti, è quello di completare i lavori sul reperto il prima possibile in modo tale da evitare differenze troppo evidenti nella colorazione, che originariamente era molto più scura, quasi nera. Tra gli strumenti utilizzati nel corso della progettazione ci sono scanner e stampa 3d, mentre sarà realizzato "un supporto in fibra di carbonio - ha aggiunto Toniolo - nuovo, innovativo, rispettoso della terracotta e basato sulla superficie interna. Le lastre metalliche, infatti, appesantivano molto la struttura". Come ha poi chiarito il direttore dell'Istituto Centrale per il Restauro, Luigi Oliva, in fase di programmazione è stato effettuato uno studio dei materiali utilizzati nei precedenti restauri. Ad esempio, la colla di pesce con cui furono uniti i pezzi, un materiale organico e perciò particolarmente delicato: "abbiamo identificato come sostanza compatibile con le sostanze la colla di storione, che curiosamente è sua volta da un pesce". "Questo è un Art Bonus, quindi una bella iniziativa che nasce con una virtuosa collaborazione tra pubblico e privato, avendo come mecenate la Banca Popolare del Cassinate - ha ricordato Massimo Osanna, direttore generale Musei -. La notizia dell'apertura al pubblico dei lavori è positiva perché l'accessibilità al patrimonio non è solo abbattere le barriere architettoniche ma anche far accedere il pubblico al backstage del nostro operare quotidiano".
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