"Non ho mai avuto un atelier, e non
capisco perché ci si debba chiudere in una stanza… la natura è
il mio atelier". Enfatizzata forse nei toni dal giornalista
Emile Taboureaux in una recensione a una mostra dell'artista su
La Vie Moderne del 12 giugno 1880, la frase attribuita a Claude
Monet (1840-1926) ben si presta a fare sintesi delle idee, della
cifra teorica alla base della scelta, da tempo maturata e
condotta assieme a compagni di strada come Renoir o Bazille, di
dipingere all'aperto, 'en plein air'. Al lungo viaggio nella
pittura e nella natura compiuto dal padre dell'Impressionismo,
attraverso una sessantina di opere, è dedicata la mostra Monet.
Capolavori dal Musée Marmottan Monet di Parigi, allestita al
Centro Culturale Altinate-San Gaetano, a Padova, fino al 14
luglio, promossa dal Comune in collaborazione con il museo e
prodotta da Arthemisia (catalogo Skira).
L'esposizione prende avvio da una dimensione intima
dell'artista legata alle opere di famiglia - sorprendente un
piccolo ritratto del figlio Michel, di appena due anni,
realizzato nel 1880; lo stesso che nel 1966 donerà al museo
parigino le tele presenti nell'atelier e la raccolta personale
del padre - o ai lavori di altri artisti (Rodin, Renoir, de
Severac, Durand, Paulin) raccolti nel tempo e che Monet
custodiva nella sua casa a Giverny. "La mia collezione è solo
per me... e per pochi amici", ebbe a dire.
Il Motivo in Movimento è la sezione dell'esposizione che
testimonia gli inizi dell'esperienza del dipingere all'aperto,
dell'uso della pennellata veloce per cogliere l'attimo, della
ricerca degli effetti della luce. Ad introdurlo a questa pratica
artisti come Jongkind (1819-1891) e Boudin (1824-1898), presenti
con alcuni disegni e tele, posti vicino a un paio di lavori su
carta di Delacroix. Accanto, una decina di tele di Monet, tra
cui La spiaggia di Trouville del 1870, dove la moglie Camille e
una cugina fanno da modelle.
Segue La Luce Impressionista: è una sequenza di opere del
maestro fatte di colore e luce, dove le forme sembrano
dissolversi per lasciare luogo alle sensazioni visive.
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