I primissimi dadi, racconta il Mito, sarebbero stati un'invenzione di Palamede all'epoca della guerra di Troia. Ma già prima ci si distraeva con il loro antenato, l'astragalo: un ossetto di capra a quattro facce. Più antico ancora, l'egiziano Senet, del quarto millennio avanti Cristo. E in fondo, forse, si potrebbe arrivare persino alle notti dell'Antico Testamento, quando Dio si rivolge a Giosuè e lo esorta a ricorrere alla sorte per dividere la Terra promessa. Gioco, scommessa, passatempo, denaro, fortuna, fino all'azzardo. La storia dell'uomo si può rileggere anche nelle pagine della sua passione per il ludico e il rischio. A raccontarlo, la mostra 'Lotterie, lotto, slot machines. L'azzardo del sorteggio: storia dei giochi di fortuna', organizzata dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche per i suoi primi 30 anni di attività negli spazi Bomben di Treviso, dal 17 novembre al 14 gennaio.
In tutto, oltre 120 pezzi tra manoscritti, bandi, incisioni, manifesti pubblicitari, oggetti e prestiti importanti - come la grandiosa Estrazione del gioco del lotto in piazza San Marco di Eugenio Bosa dai Civici di Treviso o i giochi antichi della Lotteria Nazionale Belga di Bruxelles - a cura dello storico Gherardo Ortalli, responsabile scientifico del settore studi e ricerche della Fondazione Benetton. "Il giocare - racconta - è una necessità innata e fondamentale del vivere, fin dalla prima infanzia. Da seguire con attenzione per le sue ricadute sociali è il combinarsi del gioco col denaro. L'attualità della ludopatia, la malattia del gioco di denaro, è la prova dei problemi che possono nascere con pesanti conseguenze". Problema che non è cosa di oggi, se, come racconta il curatore, in barba ai divieti del diritto romano, "l'imperatore Augusto poteva arrivare a perdere 20 mila sesterzi in una giornata".
Non da meno fu Nerone, mentre l'imperatore Claudio stese addirittura un trattato sui dadi, facendo sistemare la propria vettura in modo che gli scossoni non disturbassero il gioco. Con la crisi del mondo antico, l'azzardo perse respiro, per tornare prepotentemente nel 1200, quando gli Stati europei ne riscoprirono i vantaggi finanziari. Ma come si scopre nella mostra, la vera novità arrivò a fine Trecento dall'Oriente, con il debutto delle carte da gioco, seguite nel Quattrocento dell'esplosione delle lotterie, al tempo 'lotti', sulle quali gli Stati intervennero ampiamente, destinando una quota degli introiti ai fini più diversi: dalle guerre agli ospizi, alla bonifica delle Paludi Pontine e persino alla costruzione di un capolavoro come la Fontana di Trevi nella Roma papalina. Una tassa quasi "della speranza" (di vincere), che il popolo in fondo pagava volentieri e che fu, ad esempio, tra le fortune di Venezia.
Ecco allora nella mostra il bando con cui Clemente XII nel 1731 autorizzava il Lotto, solo tre anni dopo la scomunica inflitta ai giocatori dal suo predecessore Benedetto XIII. O il decreto con cui Garibaldi 'dittatore' delle due Sicilie lo aboliva e quello con cui poco dopo la neonata Italia unita lo reintroduceva. Ma anche i tavoli del Biribissi e il Lotto Reale, antenati settecenteschi delle nostre roulette. O la macchina con cui nell'800 si sorteggiavano i ragazzi da mandare in guerra. A testimoniare che da sempre si è giocato e scommesso su tutto, due libretti di allibratori del '500 con le puntate sulle cause della futura morte del Papa. Fino all'oggi, con le grandi pubblicità di inizio Novecento dal Museo Nazionale Collezione Salce e la storica Lotteria di Capodanno di Canzonissima.
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