I genitori di Daniele Rezza, il
20enne reo confesso dell'omicidio di Manuel Mastrapasqua, ucciso
con una coltellata in strada a Rozzano, nel Milanese, lo scorso
ottobre per un paio di cuffie wireless da pochi euro, "sono
stati minacciati". Lo ha detto in aula durante la prima udienza
davanti alla Corte di Assise di Milano il difensore del giovane,
spiegando che le intimidazioni sono avvenute in seguito a un
post pubblicato "su una chat pubblica" dalla sorella della
vittima Marika, nel quale "ha scritto 'nessuna pietà'" per
Rezza. Un post che, come ha sottolineato l'avvocato di parte
civile Roberta Minotti che assiste la madre, la sorella e il
fratello di Manuel, "è stato immediatamente revocato".
Il legale ha chiesto che il processo sia celebrato a porte
chiuse, istanza respinta dalla Corte presieduta dalla giudice
Antonella Bertoja la quale, non autorizzando la presenza di
telecamere in aula, ha spiegato che "allo stato" il "clima" non
è "concretamente pericoloso per l'imputato e i genitori. Se
dovessero esserci - ha detto -, anche tramite social,
manifestazioni di intemperanza o minacce, il procedimento
procederà a porte chiuse".
La difesa ha poi chiesto di acquisire tutti gli atti,
rinunciando a presentare la propria lista testi. Una mossa che
ridurrà i tempi del processo e che potrebbe contribuire al
riconoscimento delle attenuanti generiche per Rezza, accusato di
omicidio volontario aggravato anche dai futili motivi e di
rapina impropria aggravata. Il ragazzo rischia in ogni caso
l'ergastolo.
La discussione delle parti è stata fissata per il prossimo 2
luglio, mentre l'11 giugno dovrebbero essere sentiti, oltre a un
operante di pg, i tre testimoni della parte civile: due amici di
Manuel e il pastore della chiesa evangelica che il ragazzo
frequentava.
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