"La ristorazione collettiva è una
prestazione indispensabile per dare continuità a servizi
pubblici essenziali e siamo qui anche per costruire uno scenario
futuro di sicurezza, di continuità del servizio, ma nonostante
sia un supporto essenziale, finora le istituzioni si sono
occupate della ristorazione collettiva o troppo poco oppure
hanno ecceduto nell'interesse. Io credo che occorra calibrare
una giusta misura". Lo ha detto il presidente dell'Osservatorio
ristorazione collettiva e nutrizione (Oricon), Carlo
Scarsciotti, all'evento "Ristorazione collettiva: un settore
strategico tra pressione normativa e opportunità di crescita", a
Roma, nel corso del suo intervento introduttivo.
"C'è stata poca attenzione - ha spiegato - perché le mense
non creano problemi". Durante la pandemia: "abbiamo continuato a
essere invisibili, nelle nostre cucine a preparare i pasti per i
servizi pubblici essenziali, noi resilienti e con una capacità
di adattamento senza precedenti, senza rallentare, senza
fermarci". "Ma ciò che ha creato forse i maggiori problemi - ha
poi evidenziato - è stata di converso la troppa attenzione,
espressa in modo frammentato spesso eterogeneo: e mi riferisco
alla disorganicità degli interventi regolatori, leggi, decreti
ministeriali, linee di indirizzo ed altro, nei quali la
ristorazione collettiva venga solo percepita come un mercato di
sbocco, a portata di mano, orientabile, preferenziale,
organizzato, costante, continuo". Scarsciotti ha ricordato che
"in una certa misura, va bene, perché siamo stati i primi più di
vent'anni fa a introdurre i prodotti biologici nelle mense
scolastiche, quando non c'era alcun obbligo normativo, ma
l'eccesso delle regole ha portato alla attuale matassa
inestricabile e disorganica di norme".
Per il presidente Oricon "non c'è stato un filo conduttore
che desse coerenza, se c'è una norma, ad esempio, che prevede
che il biologico debba rappresentare il 50% in un pasto a
scuola, allora prima di pubblicare il decreto che lo impone in
Gazzetta ufficiale occorre verificare che ciò sia possibile, che
esista la materia prima, non solo oggi ma nell'arco degli anni
di durata di un appalto, che può arrivare anche a cinque anni, e
se non riesci a dimostrarlo allora quel decreto è nullo: le
leggi devono essere applicabili".
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