"Occorre evidenziare che le
condotte dei soggetti coinvolti, benché moralmente del tutto
riprovevoli, non paiono idonee alla configurazione del delitto
di cui all'articolo 580 c.p., quantomeno sotto il profilo
strettamente soggettivo". E' quanto scrive il Gip del Tribunale
di Bologna, Alberto Ziroldi, nel disporre l'archiviazione, come
chiesto dalla pm Elena Caruso, per quanto riguarda il reato di
istigazione al suicidio, nel caso di Vincent Plicchi, il giovane
tiktoker bolognese che il 9 ottobre 2023, nel corso di una
diretta, si tolse la vita, dopo essere stato travolto da false
accuse di pedofilia. Allo stesso tempo, il Gip ha ordinato la
trasmissione degli atti alla Procura perché continui ad
indagare, ipotizzando il reato di diffamazione.
Lo scorso maggio erano state la madre e la zia di Vincent
Plicchi, assistite dall'avvocato Daniele Benfenati, a presentare
un esposto chiedendo di indagare sulla vicenda e indicando
alcuni nomi e nickname di utenti social che avrebbero in qualche
modo avuto un ruolo nello spingere Vincent a suicidarsi. Ma la
Procura aveva presentato una richiesta di archiviazione, alla
quale i familiari si erano opposti.
Ora il Gip, sciogliendo la riserva, sottolinea come "non v'è
la prova (né la stessa pare acquisibile aliunde) che gli autori
dei messaggi e dei commenti contestati fossero realmente
consapevoli del fatto che tali atteggiamenti avrebbero potuto
spingere il giovane Vincent Plicchi all'estremo gesto". E
ancora: "Lo stesso può dirsi rispetto ai due soggetti
individuati come i presunti autori del piano da cui aveva avuto
origine il linciaggio mediatico, atteso il tenore delle
conversazioni estrapolate, da cui si evince che gli stessi
avevano come unico obiettivo quello di neutralizzare l'ascesa
sui social del personaggio 'Inquisitor', considerato dai due
come un pericoloso competitor".
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