Il gup di Napoli Ivana Salvatore ha condannato a sette anni di reclusione, riconoscendo l'attenuante riservata ai collaboratori di giustizia, Walter Schiavone, secondogenito del capo del clan dei Casalesi Francesco Schiavone, detto Sandokan, al termine del processo, celebrato con rito abbreviato, sull'imposizione dei prodotti ai caseifici delle province di Napoli e Caserta.
Il giudice ha condannato, invece, a 12 anni e 8 mesi di carcere
gli imputati Armando Diana e Antonio Bianco e a 2 anni e 8 mesi
Nicola Baldascino.
Schiavone, Bianco e Diana, sono stati ritenuti colpevoli di
associazione camorristica e concorrenza illecita. Solo per
quest'ultimo reato è stato invece condannato Baldascino.
Nel corso del processo Walter Schiavone (difeso dall'avvocato
Domenico Esposito) ha ammesso di aver avviato il business delle
mozzarelle all'inizio degli anni duemila, con l'altro esponente
del clan Roberto Vargas (collaboratore di giustizia). Schiavone
jr ha anche raccontato di aver incontrato un altro rampollo del
clan, quel Filippo Capaldo nipote del "superboss" Michele
Zagaria che per la Dda avrebbe controllato attraverso
imprenditori collusi numerosi supermercati. Schiavone jr voleva
piazzare i propri prodotti caseari in un esercizio commerciale
che faceva capo a Capaldo così i due giovani boss si
incontrarono varie volte, e la questione si risolse.
Schiavone e i suoi complici, sfruttando il nome del clan,
acquistavano latticini a prezzi bassi (talvolta neppure li
pagavano) dai caseifici, in particolare della penisola
sorrentina, per imporli alle ditte del settore tra Caserta e
Napoli. Del collegio difensivo hanno fatto parte anche gli
avvocati Giuseppe Stellato, Ferdinando Letizia e Romolo Vignola.
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