Nell'anno del cinquantenario del terremoto del Belìce, palazzo Sant'Elia a Palermo ospita la mostra la mostra "Pausa sismica.
1968/2018 Cinquant'anni dal terremoto del Belìce.
Vicende e visioni" da domenica prossima
al 14 marzo, nell'ambito di Palermo capitale italiana della
cultura 2018. L'inaugurazione è prevista domani alle 17.30. La
mostra ripercorre la storia di Gibellina, dal terremoto che la
rase al suolo, alla costruzione della città nuova, rifondata sul
sogno del suo sindaco Ludovico Corrao, fermamente convinto che
soltanto attraverso l'arte si potesse pensare alla rinascita.
Gibellina, dunque, come un museo a cielo aperto: che parte dalle
foto del sisma e arriva alle opere di oggi, avviando un percorso
a più voci sul dialogo, le migrazioni, il confronto, attraverso
l'inedita installazione di Mustafa Sabbagh, "http 502: bad
gateway, 2017"; Susan Kleinberg, Claudio Beorchia, Adrian Paci e
Daesung Lee. In mostra per la prima volta anche "Pausa sismica",
installazione realizzata dal duo svedese Bigert&Bergstrom nel
1992 per la mostra "Paesaggio con rovine" a cura di Achille
Bonito Oliva; il cartello fu collocato all'ingresso della città
dove è rimasto fino ai primi anni Duemila. La mostra - curata
dalla Fondazione Orestiadi e coprodotta dalla Fondazione
Sant'Elia, in collaborazione con il Comune di Gibellina - va
avanti per temi e sezioni che, nel loro intrecciarsi,
restituiscono la complessità dell'accaduto. Si parte dalla notte
del terremoto, tra il 14 e il 15 gennaio 1968: gli scatti dei
fotografi - Enzo Brai, Nino Giaramidaro, Melo Minnella, Nicola
Scafidi - che si precipitarono nella Valle, arrivando con mezzi
di fortuna pur di raccontare i fatti; i primi documenti video
provenienti dalle Teche RAI, il primo telegiornale che annunciò
il terremoto al mondo. Dagli archivi del Giornale di Sicilia, un
video viaggia attraverso le pagine storiche del quotidiano, i
racconti degli inviati tra le macerie, raccoglie le voci di chi
si ritrovò senza nulla. Poi il periodo nelle baracche: tredici
lunghissimi anni di permanenza prima del trasferimento nella
città nuova. Tra i documenti, anche quattro foto di Letizia
Battaglia che raggiunse la baraccopoli nei primissimi anni
Settanta.
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