Quando sarai piccola, il brano con il quale Simone Cristicchi torna al festival di Sanremo e in cui racconta la fragilità di una madre malata, "non è solo una canzone ma è vita vera, vita vissuta". Perché la donna che torna bambina, protagonista dei suoi versi, è la madre Luciana, colpita nel 2012 da una grave emorragia cerebrale che le ha lasciato complicazioni irreversibili, "ma quando sorride illumina il mondo". "Sul palco mi sentirò nudo, perché racconto qualcosa che mi è successo e mi succede ogni giorno. Un argomento quello della fragilità, che è universale, ma di cui si parla troppo poco. Dopo che si è saputo di cosa parlava la mia canzone, ho ricevuto migliaia di messaggi di persone che si sono sentite toccate", dice il cantautore romano.
Il brano, che Cristicchi firma insieme alla compagna Amara, era rimasto nel cassetto per cinque anni. "È stato scritto durante la prima quarantena, senza retorica, ma sentivamo che aveva una potenzialità emotiva per cui dovevamo attendere il momento giusto per farla ascoltare - racconta -. Carlo Conti ha compreso il suo valore: non si tratta di andare al festival con una bella canzone, ma molto di più. Ho cercato di non essere retorico per non cadere nel patetico e a prescindere dal risultato finale, credo di avere la vittoria spirituale. Quando sarai bambina è un brano terapeutico". Spiega che c'è voluto tanto tempo per cesellare il testo, "non è stato facile scriverlo. Ci siamo prima concentrati sulla tenerezza e sul prendersi cura, in un secondo momento abbiamo inserito anche il senso di impotenza davanti alla malattia e alla trasformazione di chi amiamo e la rabbia per quello che è capitato, con la fatica di accettarlo". La fragilità diventa il filo conduttore di questa esperienza sanremese per Cristicchi, che per la serata delle cover ha scelto La Cura di Franco Battiato, in duetto con Amara. "Sono quattro anni che portiamo in giro lo spettacolo Torneremo ancora - Concerto mistico per Battiato (e a marzo si riparte da Roma), un omaggio alla sua produzione più spirituale. E quando è stato il momento di decidere quale brano portare al festival, la scelta è stata automatica. Tra l'altro, La Cura non è mai stata eseguita nella serata dei duetti e l'unico che l'ha cantata all'Ariston è stato proprio Franco nel 2007, l'anno in cui io ho vinto con Ti regalerò una rosa". E sottolinea anche un'altra "coincidenza": il fonico che seguirà tutte le serate è Pinaxa, lo stesso che lavorò a lungo con Battiato. In un mondo di rapper e trapper, rivendica l'essere se stesso.
"Non mi sento un pesce fuor d'acqua perché sono me stesso, Porto la mia purezza e la mia sensibilità. Essere fedele a me stesso è il superpotere più grande che posso portare anche al festival. Il mio è uno dei tanti colori che compongono il mosaico voluto da Conti, che ringrazio per aver riportato i cantautori a Sanremo. Una sorta di riserva indiana, ma ci siamo". Il 14 febbraio, durante la settimana del festival, uscirà Dalle tenebre alla luce, il quinto album in studio dell'artista. "Un album senza tempo. Erano undici anni che non ne pubblicavo uno. Ma le canzoni erano lì, erano state scritte per i miei spettacoli teatrali. A farmi decidere di metterle in fila è stato un grave incidente domestico: quando mi sono ripreso ho capito di non voler più perdere tempo. Però non bisogna avere fretta di dire le cose: solo quando si ha qualcosa di veramente importante si pubblica un disco. Dentro c'è la mia visione dell'amore, della vita e anche della morte". Un viaggio alchemico, lo definisce citando Dante, "che attraversando le tenebre ci avvicina alla purezza, trasformando il negativo in positivo. Un'attitudine che io ho fin da bambino, quando a 10 anni ho vissuto il dolore per la morte di mio padre. Se non avessi trovato sfogo nell'arte, cominciando con i disegni e arrivando alla musica, sarei stato un uomo violento e chiuso in me stesso. Senza valvola di sfogo, sarei ancora nella mia stanza a disegnare un mondo perfetto senza contatti con l'esterno. L'arte ha curato la mia ferita profonda e continua a farlo".
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