Avrebbero agevolato, talvolta utilizzando un metodo mafioso, l'espansione del braccio economico del clan Moccia in Puglia, l'azienda per il recupero di olio esausto 'Soloil Italia', nel 2017. Sono le accuse rivolte all'allora vicepresidente del Consiglio comunale di Bari Pasquale Finocchio (arrestato oggi e posto ai domiciliari), al faccendiere Giuseppe D'Elia (ai domiciliari) e a Roberto De Falco (indagato), referente provinciale di Forza Nuova nel capoluogo pugliese, già coinvolto nell'assalto alla sede della Cgil a Roma. Nell'ambito delle indagini che hanno portato al maxi blitz dei carabinieri del Ros e del Gico della Guardia di Finanza di Napoli contro il clan camorristico Moccia, i tre sono accusati di traffico mafioso di influenze illecite.
Secondo quanto ricostruito dalle indagini, avrebbero concorso esternamente "all'associazione di tipo mafioso del clan Moccia fornendo un efficace, cosciente e volontario contributo funzionale" al rafforzamento del clan, in particolare occupandosi "di accrescerne la forza criminale ed economica" tramite l'affermazione della società Soloil Italia "gestita dall'associazione mafiosa" e di proprietà di Francesco Di Sarno, affiliato al clan e uomo di fiducia di Antonio Moccia, favorendo il reimpiego dei capitali illeciti nell'economia legale imponendo il monopolio dell'azienda con metodi mafiosi.
Roberto Falco è ritenuto legato al sodalizio del clan Parisi egemone a Bari, ed è accusato di aver favorito i rapporti tra Di Sarno e Finocchio (all'epoca vicepresidente del Consiglio comunale in quota Pdl) per strumentalizzare la pubblica amministrazione in favore del clan. Avrebbe inoltre imposto a una serie di attività commerciali il servizio della ditta Soloil Italia e intrattenuto rapporti con esponenti della criminalità leccese e foggiana. Pasquale Finocchio, attraverso De Falco e dietro compenso economico, avrebbe agevolato in Puglia l'espansione della Soloil Italia, rimuovendo tutti gli ostacoli burocratici e facilitando il rilascio dell'Autorizzazione unica ambientale da parte della città metropolitana di Bari e del Comune di Modugno, e garantendo l'assenza di controlli amministrativi. Avrebbe inoltre fatto pressioni su esponenti politici locali (tra cui il sindaco di Casarano) e talvolta imposto, con metodo mafioso, l'azienda Di Sarno a società terze, tra cui la Ladisa di Bari che però, dopo una prova di tre mesi, non ha rinnovato il contratto con la società perchè non rispondeva alle sue esigenze. Anche D'Elia Giuseppe avrebbe favorito l'azione della Soloil Italia agevolandone i rapporti con i politici locali tra cui l'allora assessore del Comune di Lecce, Andrea Guido, con cui è stato concluso un accordo corruttivo nel 2017, e che oggi è stato arrestato.
La società barese Ladisa, "importante azienda nel settore della ristorazione vincitrice di appalti presso varie amministrazioni pubbliche", stipulò nel giugno 2017 un contratto con la società Soloil Italia, grazie alla mediazione - secondo la Dda di Napoli - dell'allora vicepresidente del Consiglio comunale di Bari Pasquale Finocchio, ma dopo tre mesi non rinnovò il rapporto commerciale. Nei contatti con la società Ladisa, si precisa nell'ordinanza, gli indagati avrebbero fatto in modo che "i vertici della società non avessero il sospetto di essere di fronte a una proposta commerciale realizzata da una società riconducibile alla criminalità organizzata". Quando nel luglio 2018 l'imprenditore Vito Ladisa è stato sentito dagli investigatori del Ros, è stato lui stesso a confermare si aver conosciuto la Soloil tramite Finocchio, spiegando che "poiché ci accorgemmo che la società aveva dei problemi organizzativi e come azienda avevamo l'intenzione di affidare il servizio di raccolta olio ad un'unica azienda per tutto il territorio nazionale, verificato che la Soloil non garantiva un livello di standard elevato secondo i nostri criteri, non superò il periodo di prova e scaduti i tre mesi comunicammo la cessazione del rapporto".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA