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"Di questi tempi", la parola poetica come bussola nel labirinto disincantato della modernità

PressRelease

"Di questi tempi", la parola poetica come bussola nel labirinto disincantato della modernità

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Responsabilità editoriale di NEW LIFE BOOK

Virgilio Pineta smaschera le contraddizioni della modernità in una silloge che intreccia ironia, critica e ricerca di senso

30 gennaio 2025, 18:32

NEW LIFE BOOK

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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PressRelease - Responsabilità editoriale di NEW LIFE BOOK


Il mondo in cui viviamo è un mosaico di frammenti quotidiani, una sinfonia di voci lontane e vicine, di contrasti che si fondono nel brusio incessante del tempo. Ci sono i rumori delle città, il clangore della politica, il ritmo frenetico delle vite che sembrano galleggiare tra i sogni e le disillusioni. E poi ci sono i silenzi, densi e pesanti, che si insinuano nelle pieghe dell’anima, nei momenti in cui la realtà si spoglia delle sue maschere e mostra le sue ferite. È una danza paradossale quella che ci circonda, fatta di velocità e di stasi, di innovazioni che sembrano riprodurre antiche ingiustizie, di speranze che si spezzano sotto il peso di un presente troppo complesso. C’è chi corre senza una meta precisa, chi si ferma e osserva, chi si lascia trasportare dalla corrente e chi prova a nuotare contro. Ma sotto questa superficie di caos, c'è sempre una trama più profonda, un filo invisibile che unisce i gesti più semplici ai grandi mutamenti dell'umanità. Nella sua silloge d’esordio, il poeta Virgilio Pineta analizza con sguardo attento la società contemporanea e le questioni più urgenti che la pervadono: la politica, l’economia, i legami sociali, tutto sembra intrecciarsi in una rete che ci avvolge, ci sostiene e, a volte, ci soffoca. Eppure, tra le pagine della raccolta “Di questi tempi” (Gruppo Albatros il Filo) ci sono sprazzi di bellezza, attimi di verità che ci sorprendono quando meno ce lo aspettiamo, come il fragore di una risata o uno sguardo che ci riconosce. 
“Di questi tempi” è un’opera che unisce lucidità critica e impegno intellettuale: è un prisma attraverso il quale osservare le dinamiche più oscure e contraddittorie del nostro presente, ma sempre con una forte tensione alla meraviglia dell’esistenza. Se da una parte possiamo considerarlo un libro che si mette in dialogo con la tradizione della poesia civile, dall’altro la troviamo reinterpretata con uno sguardo postmoderno, intriso di ironia e acume. Pineta tratteggia un affresco del nostro tempo, in cui politica, società e modernità si intrecciano in un gioco di specchi che riflette le contraddizioni dell’esistere contemporaneo. La poesia diventa strumento di indagine critica, capace di scomporre la realtà nelle sue molteplici sfaccettature e rivelarne le distorsioni. Si avverte, tra i versi, una denuncia potente, ma mai urlata, che penetra con la sottigliezza dell’ironia e la forza della metafora. 
La politica, filtrata dallo sguardo critico di Pineta, è un teatro di paradossi: i leader, descritti come figure carismatiche, ma vuote, vengono ridicolizzati nei loro gesti pomposi e nelle loro retoriche vacue, mentre le istituzioni si rivelano fragili, incapaci di sostenere il peso delle loro stesse promesse. Il potere, come in un gioco tragicomico, si manifesta in tutta la sua bulimica vanità, con bolle di sapone che incantano il pubblico, ma scoppiano al minimo contatto con la realtà. L’autore mette in scena una classe dirigente affabulatrice, che costruisce consensi effimeri su piattaforme digitali, in un’esaltazione grottesca del culto della personalità e del populismo mediatico. Eppure il bersaglio non è solo il potere: la società stessa viene passata al vaglio, analizzata con una lente che rivela un panorama di alienazione e conformismo. I social network, simbolo della modernità, diventano il palcoscenico per l’ipocrisia collettiva, un luogo dove il dissenso viene neutralizzato e l’apparenza soppianta la sostanza. L’ironia tagliente dell’autore emerge con forza in poesie come “Dissenso sotto controllo” e “Presepe”, dove il protagonismo digitale si fonde con la narrazione politica per creare un cocktail di manipolazione e superficialità. L’analisi sociale, partendo dalla sfera pubblica, si insinua poi nelle pieghe più intime della vita quotidiana, mostrando una generazione costretta all’adattabilità come forma di sopravvivenza. In “Fatti per cambiare”, si dipinge un ritratto amaramente ironico di giovani che si aggrappano a lavori precari, sognando un futuro che sembra sfuggire come sabbia tra le dita, mentre i legami familiari diventano un’ancora, più che una scelta. 
La poesia di Virgilio Pineta sembra essere un tentativo di resistenza, uno spazio di libertà in cui smascherare le ipocrisie di un sistema che tutto consuma, dalla dignità personale ai valori collettivi. Il linguaggio è ricco di immagini evocative e giochi di parole, ma il messaggio è chiaro: bisogna riflettere non solo sul proprio ruolo nella società, ma sul fatto di esserci fatti complici di un mondo che sembra aver smarrito la capacità di distinguere il vero dal falso, il giusto dall’utile. L’abilità dell’autore è, tuttavia, di inserire sempre, tra i suoi versi, un invito implicito, quasi sussurrato, a riscoprire la bellezza della consapevolezza e il coraggio della critica, in un’epoca che troppo spesso si accontenta del rumore superficiale del consenso. 
Potremmo definire questa silloge un laboratorio linguistico, un’officina in cui la parola viene plasmata e riplasmata per rispecchiare le contraddizioni e le dissonanze del presente. L’autore racconta il mondo contemporaneo e allo stesso tempo lo smonta, lo decostruisce, ne esibisce le crepe attraverso un linguaggio che sa essere arma e specchio. Lo stile, volutamente ibrido, attraversa registri e tonalità differenti, mescolando l’alto e il basso, il lirico e il colloquiale, il formale e il giocoso, in un dialogo continuo con il lettore. Non c’è quiete in questi versi: ogni parola ci incita a osservare più da vicino ciò che si preferirebbe ignorare. In poesie come “Minibot”, il linguaggio della politica e dei media viene distillato e ricomposto in una parodia crudele ed esilarante, dove la retorica populista appare per quello che è: un insieme di bolle di sapone destinate a scoppiare. È la lingua che imita il ritmo rapido, ripetitivo e superficiale della rete, per mostrarne la pericolosità. 
Non mancano, però, momenti in cui il linguaggio si distende e assume toni più riflessivi. In testi come “Adattabilità” e “Tolleranza”, emerge un’aspirazione filosofica che si esprime attraverso metafore e immagini evocative. Qui l’autore esplora la tensione tra individualità e collettività, libertà e oppressione, utilizzando una lingua ricca e stratificata, che invita il lettore a fermarsi e riflettere sul significato delle parole e delle idee che veicolano. Lo stile di Virgilio Pineta non si accontenta di comunicare: vuole sfidare, provocare, smuovere. La sua poesia contrasta l’omologazione linguistica e culturale, è una ribellione gentile, ma inesorabile contro il linguaggio impoverito di una società che ha ridotto la complessità a slogan e hashtag. È un’opera che si presta ad essere interpretata, abitata, vissuta: in questo, l’autore ci ricorda che la lingua, pur nella sua fragilità, rimane uno degli strumenti più potenti per comprendere e trasformare il mondo. 
“Di questi tempi” è un monumento alla parola: ogni verso si fa specchio deformante e lente d’ingrandimento, atto a svelare il groviglio di contraddizioni che sottende la modernità. Eppure, tra queste schegge linguistiche, si intravede una costante: la volontà di recuperare un rapporto autentico con la parola, di riaffermare il suo potere di denuncia e, al contempo, di meraviglia. Virgilio Pineta ci ricorda che la poesia, nel suo essere specchio e interprete del reale, non può mai essere neutrale: è una forza che inquieta, illumina e destabilizza. Ed è proprio in questa tensione che risiede il suo potere più grande: quello di trasformare non solo il linguaggio, ma chi lo legge e, attraverso di esso, il mondo stesso. 

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