Gli artisti valgono per quello che
possono dare al pubblico, non per la loro nazionalità: ed è in
base a questo che il direttore artistico di MiTo, Nicola
Campogrande, ha spiegato di aver messo a punto la sedicesima
edizione del festival che dal 5 al 25 settembre porta a Milano e
Torino 116 concerti a prezzo super low cost.
"Noi sfruttiamo i musicisti per quello che possono dare -
spiega all'ANSA -, non per il loro passaporto", al di là che
vengano da Russia, Ucraina o qualsiasi altro Paese e al di là
delle polemiche che hanno investito altre kermesse come il
festival di Salisburgo (per la presenza di Teodor Currentzis con
la sua MusicAeterna, che ha sede a San Pietroburgo ed è
finanziata da Vtb, banca russa fra quelle colpite dalle
sanzioni).
Questa sedicesima edizione doveva essere quella della
ripresa, con il ritorno, dopo due anni di assenza, delle grandi
orchestre (dalla Philharmonia diretta da John Axelrod dei
concerti inaugurali del 5 settembre al Lingotto e del 6 alla
Scala, all'accademia di Santa Cecilia con Barbara Hannigan,
all'orchestra della Rai, senza dimenticare Neojiba orchestra,
l'orchestra giovanile dello Stato brasiliano di Bahia
che si esibira' con la pianista Maria Joao Pires). E il tema
scelto come filo conduttore di tutti i concerti proprio a questa
ripresa si riferiva: luce. Poi a febbraio è scoppiata la guerra
con l'attacco russo all'Ucraina. E ora luce fa pensare ai conti
delle bollette. Però la guerra non ha condizionato il
cartellone. "Ho avuto modo di viaggiare in Europa e ho trovato
posizioni diverse e storie personali diverse - ha raccontato
Campogrande - e quindi non me la sento di dire su come gli altri
hanno reagito, magari in maniera impulsiva, ma artisti ucraini e
russi continueranno ad essere miei colleghi".
Se una cosa di diverso c'è è che in questa condizione "MiTo
diventa un po' più necessario. Il tipo di benessere che dà la
musica a chi la fa e a chi l'ascolta è impagabile - ha aggiunto
- e più riusciamo ad ascoltare musica e meglio stiamo".
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