Da undici anni giace al Palazzo di giustizia di Torino un giallo legato a un "Arlecchino" attribuito inizialmente al pittore Pippo Oriani ma presumibilmente falso: due anziani appassionati d'arte, Bernardo L.R. ed Enrico A., di 84 e 82 anni, sono sotto processo per ricettazione e violazione del codice dei beni culturali. Oggi era prevista la sentenza ma, con una mossa a sorpresa, la giudice Melania Eugenia Cafiero ha affidato alla procura un nuovo accertamento: verificare l'eventuale presenza, sul retro del quadro, della firma di un collaboratore dell'artista.
Nel 2011 l'"Arlecchino" era stato affidato a una famosa casa d'aste torinese perché fosse messo in vendita ma la Fondazione intitolata ad Oriani intervenne affermando che era un falso e Bernardo ed Enrico furono denunciati. In realtà, come hanno sottolineato gli avvocati difensori, Natascia Taormina e Liliana La Rocca, ai due l'opera era stata consegnata da un altro storico collaboratore del pittore. Anche per questo motivo il pm Maurizio Finistrella ha chiesto che l'accusa sia derubricata in incauto acquisto e che venga dichiarata prescritta: "Più che un caso di dolo preordinato - ha detto il magistrato - sembra una leggerezza commessa nel sottobosco del mondo dell'arte". Uno degli imputati infatti ha raccontato che se non fece fare una expertise fu perché sarebbe costata 500 euro: troppo, rispetto al valore dell'opera. Le difese, ricordando che gli altri quadri in possesso dei due erano autentici, hanno invece proposto l'assoluzione piena e hanno sottolineato che non si ha nemmeno la certezza assoluta (in assenza di una perizia specifica) sulla presunta falsità dell''Arlecchino".
Da undici anni il quadro è custodito in un caveau dell'Arma dei carabinieri nel centro storico di Torino: la procura dovrà recuperarlo e farlo esaminare.
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