"Quando oggi si parla di genocidio col punto di domanda o senza. Io l'ho visto come funzionava il genocidio, era preparato, non era una cosa improvvisata". Lo ha detto la senatrice a vita Liliana Segre, ricordando la sua deportazione ad Auschwitz a 81 anni di distanza durante la Memoria della deportazione al Memoriale della Shoah, organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio.
"Era stato preparato. A tavolino, già da tempo - ha sottolineato -. E per arrivare ad Auschwitz c'era un prolungamento della stazione fino al campo".
"Ci sono bambini che in tante parti del mondo sono coinvolti nelle guerre, i bambini sono sacri e non devono essere toccati" ha poi detto Liliana Segre. Questo "in Sudan come in Israele, in Congo come in Palestina, in Ucraina come nel Corno d'Africa - ha aggiunto -. La morte inflitta ai bambini pesa come macigni nelle nostre coscienze di esseri umani e ci fanno provare quella vergogna che disse Primo Levi".
"Una parola che non deve mai mancare nel linguaggio è l'accoglienza dell'altro, di qualunque colore, di qualunque religione, di qualunque etnia, di qualunque nazionalità" ha aggiunto la senatrice a vita. "Questa parola è l'estremo opposto della volontà dei nazisti di eliminare i diversi, diversi per loro, cioè gli appartenenti a popoli e categorie considerate indegne di vivere". Ci vuole invece "l'accoglienza di chi è diverso da noi, la disposizione ad ascoltarlo a soccorrerlo se necessario - ha detto ancora la senatrice -. La mia non è una ricetta semplicistica per problemi seri come quello dell'immigrazione, non è un utopistico, 'accogliamoli tutti' ma è in primo luogo una filosofia di vita". "Non chiudersi, non respingere a priori, non avere paura dell'altro - ha concluso - e non farsi mai abbindolare da chi specula su pregiudizi e investe nell'odio".
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