"Il 'Green Deal europeo', tanto
famoso quanto inviso da più parti, è la strada che dobbiamo
necessariamente percorrere se vogliamo salvare il nostro
pianeta. E' la cura della malattia della terra che si manifesta
attraverso i cambiamenti climatici, eventi meteorologici estremi
come i lunghi periodi di siccità alternati alle alluvioni, e
alla perdita delle biodiversità". Lo ha affermato il climatologo
Luca Mercalli, intervenendo oggi a Pavia al convegno sul tema
"Acqua e cambiamento climatico. Come investire bene per
continuare a fare agricoltura", promosso da Confagricoltura
Pavia.
"Se riusciremo a ridurre le emissioni di anidride carbonica,
potremo limitare a non più di 2 gradi la crescita della
temperatura entro la fine del secolo - ha sottolineato Mercalli
-: questo ci consentirebbe un adattamento più controllato ai
cambiamenti in corso. Se invece non si interverrà con misure
adeguate e la temperatura salirà di oltre 4 gradi, le
conseguenze potrebbero essere imprevedibili e periclose, per le
future generazioni e le attività economiche".
Mercalli ha fornito cifre e indicazioni sull'attuale
andamento del clima, in conseguenza del riscaldamento del
pianeta, e sui riflessi che ha sull'agricoltura. "Il 2024 ha
buone probabilità di diventare l'anno più caldo della storia,
superando anche il 2023. Il Mediterraneo è diventato il mare più
bollente: questo comporta fenomeni di evaporazione che sfociano
poi in piogge violente, come quelle verificatesi in quest'ultimo
autunno. Abbiamo visto cosa è successo a Valencia e anche in
altre parti d'Europa e d'Italia. Sono 'colpi di frusta
meteorologici' che hanno provocato quattro alluvioni, in un anno
e mezzo, in Romagna. I ghiacciai alpini si sono ridotti del 60
per cento in un secolo: una contrazione che porta meno acqua nel
Po, soprattutto quando serve all'agricoltura nei mesi estivi.
Anche quando nevica tanto, come è successo nella scorsa
primavera, l'acqua scende a valle tutta in una volta e non con
la gradualità di un tempo. Di fronte a una copertura nevosa
inaffidabile sotto i 2mila metri, il rischio concreto è che il
Po diventi sempre più un fiume simile al Tevere o all'Arno".
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