"I pm hanno avuto un momento di
crisi, perché hanno capito che questo processo non si doveva
fare, e ci hanno proposto un patteggiamento ad una pena
pecuniaria, dopo aver fatto tutte le indagini che hanno fatto, e
ovviamente il presidente della Regione non ne ha voluto sapere".
Lo ha riferito l'avvocato Jacopo Pensa, legale di Attilio
Fontana, nel suo intervento davanti alla Corte d'Appello di
Milano che dovrà decidere, il 10 luglio, sul ricorso della
Procura milanese contro i proscioglimenti, decisi in udienza
preliminare, del Governatore lombardo e altri 4 indagati per il
cosiddetto "caso camici".
"Non avrei mai immaginato di dover discutere in appello, di
dover arrivare fino a questo punto - ha spiegato Pensa, che
assiste Fontana col legale Federico Papa - una vicenda nella
quale sono state impiegate energie e risorse, coi pm che hanno
costruito un film, il contrario storico di ciò che è avvenuto e
il che fa capire l'incertezza e la ricerca del reato da parte
dei pm". Reato che cambiò nel corso delle indagini, "si partì
con una turbativa e poi l'accusa si è sviluppata in frode" in
pubbliche forniture.
"Questo processo - ha detto ancora la difesa di Fontana - è
il contrario di ciò che deve essere un processo, da parte dei pm
c'è stato quell'innamoramento nei confronti della propria tesi,
che lo stesso Mattarella di recente ha criticato, dicendo ai
magistrati 'non innamoratevi delle tesi'".
Il gup Chiara Valori, il 13 maggio 2022, aveva emesso
sentenza di "non luogo a procedere perché il fatto non sussiste"
per il governatore, per il cognato Andrea Dini, titolare di Dama
spa, per Filippo Bongiovanni e Carmen Schweigl, ex dg e
dirigente di Aria, centrale acquisti regionale, e per il
vicesegretario generale di Regione Lombardia, Pier Attilio
Superti.
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