È un impegno per la parità di
genere certificato, quello di Nespresso. Grazie anche al 67% di
dipendenti donna, a un divario di compensi fra maschi e femmine
che è inferiore all'1% e al baby leave, ovvero il congedo di tre
mesi retribuito al 100% di cui possono usufruire i papà o
secondi caregiver nei primi sei mesi dalla nascita o
dall'adozione di un bambino, Nespresso ha ottenuto la
certificazione UNI/PDR 125:2022.
Il riconoscimento è stato conferito al termine di un percorso
di valutazione condotto da Bureau Veritas, che ha analizzato sei
macroaree: cultura e strategia, governance, processi del
personale (HR), opportunità di crescita in azienda neutrali per
genere, equità remunerativa per genere, tutela della
genitorialità e conciliazione vita-lavoro.
"Noi di Nespresso siamo orgogliosamente un'azienda a
prevalenza femminile" ha sottolineato Simona Liguoro, Direttrice
HR di Nespresso Italiana. "Aver ottenuto questa certificazione,
che premia il lavoro che negli anni abbiamo portato avanti per
valorizzare le diversità in ogni loro forma - ha aggiunto -, ci
rende molto fieri e ci sprona ad andare avanti nel nostro
percorso per favorire concretamente un cambio di passo della
società verso un futuro che possa offrire a ogni persona le
stesse opportunità e aperto a tutti e a tutte".
La certificazione arriva dopo il lancio del primo Manifesto
di Parità oltre i generi, attraverso cui Nespresso ha condiviso
le azioni messe in campo per promuovere inclusione e diversità,
dentro e fuori l'azienda. Impegno come quello per la piena
parità nelle posizioni di vertice tale per cui in Nespresso ci
sono il 50% di donne in ruoli manageriali e il 45% tra le figure
di dirigenza contro il 20,5% e quello per garantire uguali
carichi familiari ed opportunità di lavoro. Dallo scorso marzo,
quando è entrato in vigore il baby leave, il 100% dei neopapà ha
usufruito del congedo pagato. A queste azioni se ne aggiungono
altre come la decisione di non partecipare alle tavole rotonde
che non rispettino il corretto bilanciamento tra presenza
maschile e quella femminile e utilizzando un linguaggio
inclusivo attraverso l'adozione dello schwa nelle comunicazioni
scritte.
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