(di Simona Peverelli) E' un attacco a Milano e alla sua settimana della moda quello portato avanti in questi giorni dalla stampa straniera. Prima ha iniziato l'autorevole Suzy Menkes (storica inviata dell'Herald Tribune e ora firma di Vogue) scrivendo di aver visto troppi anni Settanta e poco slancio verso il futuro; poi si è aggiunto l'Independent on Sunday, che ha bollato Milano come non all'altezza dei volti nuovi di Londra e New York.
A bordo passerella, in questi giorni, non si è parlato d'altro, con giornalisti e compratori italiani indignati per accuse giudicate pretestuose, sia perché il ritorno agli anni Settanta è una tendenza globale, che già si è vista nelle altre fashion week, sia perché Milano negli ultimi anni è diventata una vetrina di talenti, con tanti nomi nuovi che sono più che promesse.
Dalla cabina di regia del sistema moda, il CEO di Camera nazionale della moda Jane Reeve cerca di smorzare la tensione: "ho parlato con i giornalisti stranieri e mi sono sembrati tutti felici - dice - della varietà e dell'energia delle collezioni.
Rifarsi agli anni Settanta non è un'accusa, erano anni bellissimi e i giovani non li conoscono, la stessa Suzy Menkes mi ha detto che non voleva attaccare la settimana della moda".
Più duro il commento del presidente della Camera: Milano è sotto attacco? "Certamente" risponde Mario Boselli. "Contesto il provincialismo becero, ma - aggiunge - non sono sorpreso, piuttosto amareggiato". Se l'attacco arriva dall'esterno, Milano deve reagire, da un lato con la creatività, che c'è e che si è vista "con i 15 giovani che hanno sfilato accanto ai grandi - sottolinea Boselli - e che hanno rappresentato la risposta migliore. Evidentemente i giornalisti non sono stati attenti". Dall'altro lato, la moda italiana deve sistemare un calendario che è stato criticato un po' da tutti, con una concentrazione di big nei primi cinque giorni e pochi giovani relegati nell'ultimo, privo di grandi firme, dopo l'addio al lunedì di Giorgio Armani.
Così, con i posti in prima fila riservati alla stampa (già fuggita a Parigi) riempiti da altri ospiti, questa mattina hanno debuttato all'interno di N.U.DE., il progetto di promozione dei giovani talenti di Cnmi, la collezione 'social' fatta di smile e stampe del duo dei Leitmotiv e la pop-art geometrica di Alberto Zambelli. Poi è stato il turno degli occhi piangenti sugli abiti del designer russo Grinko e del mood anni Sessanta del coreano Heohwan Simulation. A vederli erano in pochi, ma "si comincia così - commenta Boselli - vorrà dire che quando saranno più affermati avranno una posizione diversa". Sicuramente però "sarebbe andata diversamente - nota - se il calendario fosse stato come quello dei francesi, con sette giorni blindati da slot fissi e nomi forti per l'inizio e la fine". "Bisogna parlare non di sfilate, ma di collezioni - conclude il presidente della Camera - che sono 140 tra defilé e presentazioni. Il rincrescimento più grande è non essere riusciti a dare visibilità a tutti".
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