Il giorno dopo il crollo del ponte Morandi (14 agosto 2018, 43 vittime), Giovanni Castellucci "era confuso" e chiedeva se Aspi "avesse recepito i suggerimenti di Cesi e consigli su cosa fare in quella situazione visto anche le minacce di revoca della concessione". Lo ha detto in aula Chiara Murano, architetto, ex dipendente di Cesi, la società che fece una consulenza per Autostrade tra il 2015 e il 2016. La professionista era stata licenziata per una mail che mandò ad Aspi la notte del crollo. Con quella missiva erano state inviate le relazioni della consulenza accompagnandola con alcune considerazioni: la causa del "crollo va ricercata nel vizio progettuale originario".
"Non fu una mia iniziativa la mail scritta la notte del disastro. Feci un copia e incolla maldestro di mail interne scritte dal mio capo Domenico Andreis e da Fabrizio Gatti, uno dei vertici tecnici della società. Ho parafrasato, forse non scrissi bene - ha detto oggi in aula -. Mi rendo conto che oggi non scriverei nulla. Comunque ci sembrò strano che in Aspi non avessero le nostre relazioni". L'architetto ha ripercorso le giornate concitate. "Appena saputo del crollo abbiamo fatto una video-riunione per analizzare il lavoro fatto e se fossero stati rilevati elementi che potevano far presagire quanto accaduto".
Cesi aveva suggerito ad Aspi di installare un sistema di monitoraggio dinamico e di fare le ispezioni approfondite ogni anno invece che ogni due. "Chiedemmo ad Aspi se avessero ricevuto le nostre conclusioni ma Massimo Meliani (imputato) non rispose mai".
Dopo il crollo si fecero riunioni a Genova convocate da Autostrade a cui erano presenti Castellucci, Michele Donferri Mitelli e Paolo Berti (ex vertici della società). "Castellucci sembrava confuso, Andreis gli spiegava che sarebbe stato opportuno implementare il monitoraggio anche in altre strutture.
Gli disse che non sapeva se Aspi avesse recepito i consigli di Cesi. Infine concluse che i consigli li avevano dati allora e che ormai era tardi".
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