"La tragedia non è prosa, la tragedia è tragedia": l'aveva dichiarato Davide Livermore presentando la sua "Orestea", una ciclopica operazione teatrale che il Teatro Nazionale di Genova ha varato, come punta di diamante del cartellone.
La trilogia di Eschilo (già presentata nel teatro di Siracusa e qui rivista per un palcoscenico al chiuso) è stata suddivisa in due parti.
Ieri sera al Teatro Ivo
Chiesa un'affollatissima platea ha applaudito "Agamennone",
martedì prossimo potrà vedere "Coefore" e "Eumenidi". Domenica
si potrà assistere, in una maratona, alla rappresentazione delle
tre parti.
"Orestea" proposta nella intelligente traduzione di Walter
Lapini, si propone come una poderosa Sinfonia in tre tempi nei
quali i grandi temi accennati nel primo sono ripresi, ampliati e
svolti nei due successivi con un crescendo di tensione. Eschilo
parla di giustizia, di odio e di vendetta, argomenti ancora oggi
di tragica attualità.
L'"Agamennone" vista ieri sera è uno spettacolo di forte impatto
visivo e di indubbio fascino narrativo. Il palcoscenico è
sovrastato da una gigantesca sfera rotante in cui si proiettano
immagini diverse, riflesso visivo degli avvenimenti narrati. Ai
lati della sfera, lo sfondo è un grande specchio in cui si
riflette la platea, quasi un coro muto aggiunto a quello
previsto da Eschilo. Due tastiere ai lati contribuiscono alla
partitura musicale (firmata da Mario Conte) costruita in parte
su Bach in parte su elementi sonori di atmosfera (frequenze
elettroniche, percussione delle corde di uno dei pianoforti).
I costumi si riferiscono ai primi decenni del Novecento. In
questo contesto si muove un cast di prim'ordine che Livermore fa
agire, in maniera diversificata: voci ora amplificate con
effetti d'eco, ora portate su tessiture acute, si va dal tono
sommesso all'urlo. Una regia tecnicamente ineccepibile. Ne esce
una lettura cupa e coinvolgente. Nel cast spiccano Laura
Marinoni (Clitennestra), Linda Gennari (Cassandra), Sax Nicosia
(Agamennone).
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