Il quartiere Parioli a Roma, ma anche altri luoghi della Capitale, da Piazza San Pietro all'Olimpico, diventano in una notte, il teatro della messa in scena di una versione moderna e in bianco e nero della terza tragedia nella trilogia dell'Orestea di Eschilo, Le Eumenidi, riletta dal regista Gipo Fasano nella sua opera prima, presentata alla Festa del Cinema di Roma.
Il progetto, autoprodotto, è stato realizzato in tre anni di
lavoro con vari stop; il budget è stato di appena 9000 euro ed
per le riprese si è usato principalmente uno smartphone.
La
tragedia greca racconta la persecuzione delle Erinni nei
confronti di Oreste dopo che l'uomo si è reso colpevole
dell'omicidio della madre Clitennestra, atto compiuto per
vendicare il padre Agamennone. Uno scontro che culmina con il
processo nel tribunale dell'Areopago. Nel film Oreste torna in
Valerio (Valerio Santucci), ragazzo dell'alta borghesia romana,
che dopo aver commesso un delitto, vaga senza meta, fuggendo da
demoni invisibili, in attesa di giudizio. "Io non vengo da studi
classici, ho approcciato la tragedia greca in maniera molto naif
- spiega Fasano -. Ho sentito forte uno dei temi centrali, la
ricerca di nuovi dei nella società di oggi". E per quanto nel
film questo nodo narrativo non sia evidenziato, Le Eumenidi è
per Fasano una tragedia incredibilmente attuale anche perché
"racconta in qualche modo il passaggio dal matriarcato al
patriarcato. Nel primo tribunale umano dell'occidente si
giustifica il femminicidio". Il film non è stato cucito su
attori "ma su vite diverse, vere, non dedicate a questo genere
di progetti", come nel caso di Valerio Santucci "che viene dal
mondo della ristorazione". Il riprendere gran parte del film
con il cellulare è venuto dall'esigenza di "creare meno distanza
tra gli interpreti e il mondo reale in cui si muovono".
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