Per Cgil, Cisl e Uil a Trieste
"non è più rinviabile una discussione pubblica sulla
desertificazione industriale" ed è necessario "un tavolo
istituzionale di confronto, al quale partecipino tutti i
soggetti interessati", perché "le ultime crisi, che hanno
coinvolto Colombin, Principe, Cartubi, Wartsila e indotto, Flex,
Tirso e da ultimo U-Blox, sono il sintomo di un tessuto
industriale impoverito che pone Trieste davanti a uno scenario
sconfortante". Lo scrivono in una nota i segretari di NCCdL CGIL
Massimo Marega, AST CISL Michela Anastasio e CCdL UIL Matteo
Zorn.
La crisi "evidenzia le incapacità della mano pubblica a
livello locale", risultato di "una mancanza di politiche
industriali efficaci a livello nazionale". Mancano per i
sindacati "una visione strategica per il settore industriale da
parte del Governo, investimenti mirati, politiche di sostegno
all'innovazione e una politica industriale che sappia affrontare
le sfide della globalizzazione e delle nuove tecnologie".
"Sembra che l'unica azione per lo sviluppo sia la sostituzione
dell'attività manifatturiera con attività di logistica, con
conseguenza una perdita di settori e produzioni strategiche e
rilevanti professionalità e competenze acquisite". A Trieste
come in Italia e con il rischio di "affrontare un ulteriore
impoverimento del sistema". Per i sindacati non bastano turismo
e commercio, mentre occorrerebbe rafforzare il "trasferimento
tecnologico dalle aree di ricerca presenti a Trieste alle
imprese
operanti sul territorio".
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