(di Michele Esposito)
Luci spente, strade vuote, in
vista della Pasqua. Anche da un punto di vista scenografico a
Bruxelles è stato il giorno dell'attesa. Gli occhi, quelli dei
pochi ancora presenti nei corridoi delle istituzioni
comunitarie, tutti puntati sullo Studio Ovale. Sul bilaterale
tra Giorgia Meloni e Donald Trump, sulla missione di quella che,
nell'inner circle di Ursula von der Leyen, hanno annoverato
nella categoria dei "facilitatori" per una distensione tra
Europa e America. I segnali, da Washington, non sembrano essere
stati negativi. Da Trump non è giunto il solito attacco frontale
al Vecchio Continente. Anzi. Nelle pieghe delle dichiarazioni
alla stampa sembra essersi aperto lo spiraglio per una vera
trattativa e per un summit a Roma, tra il presidente americano,
"il suo miglior alleato" in Europa e, forse, anche i vertici
comunitari.
La presidente della Commissione, a stretto giro, dovrebbe
tornare a sentire Meloni - dopo il briefing di martedì sera -
per un aggiornamento su quanto accaduto alla Casa Bianca. Nel
frattempo nessuno si è spinto a commentare il bilaterale di
Washington. Dalla Commissione hanno reso noto che, più
probabilmente, un commento dell'esecutivo Ue è previsto per la
mattinata di venerdì. A microfoni spenti nessuno, a Bruxelles,
pensa che la trattativa sui dazi sia diventata improvvisamente
in discesa. "Il negoziato resta lungo, l'Europa resta impegnata
per un'intesa", è il refrain che veniva ripetuto a Palazzo
Berlaymont nelle ore precedenti al bilaterale tra Meloni e
Trump. Qualcosa, tuttavia, ora potrebbe essere cambiato.
Quell'assicurazione, arrivata dal presidente americano, su un
accordo sui dazi tra Ue e Stati Uniti è un passo che, dalle
parti di Bruxelles, non è certo passato inosservato. E il tempo
gioca dalla parte dei pontieri. Mancano poco meno di 90 giorni
alla fine della cosiddetta "pausa reciproca" sulle tariffe
decise dalle due sponde dell'Atlantico. La scadenza cadrà quindi
dopo il vertice della Nato all'Aja, quando i Paesi europei sono
chiamati ad andare formalmente incontro ad una delle richieste
di Trump, l'aumento delle spese per l'Alleanza Atlantica.
Certo, non basterà. I tecnici della Commissione sono da
giorni al lavoro sui possibili binari su cui trovare un punto di
incontro con la Casa Bianca. L'ipotesi sono diverse: si va
dall'aumento dell'import di Gnl americano a quello degli
acquisti degli armamenti a stelle e strisce. L'idea dei zero
dazi reciproci su beni industriali e automobili lanciata dalla
Commissione resta sul tavolo ma, dopo la missione di Meloni a
Washington, sembra improvvisamente più marginale. La trattativa,
ripetono da giorni i portavoce della Commissione, resta in capo
all'esecutivo comunitario. Lo prevedono i Trattati. Nei fatti,
tuttavia, von der Leyen deve tener conto dei 26 - escludendo
l'ultra-trumpiano Orban - leader europei. Quegli stessi che, a
caldo, non hanno rilasciato alcun commento sul bilaterale tra
Meloni e Trump. "Nessuno si adombra. E' legittimo che ogni
partner dell'Ue abbia relazioni forti con Washington", ha fatto
sapere una fonte dell'Eliseo. Ma in questa congiuntura a
Bruxelles, si fa spazio l'ipotesi di un nuovo summit
straordinario, tutto su dazi e difesa. Un summit da tenersi
possibilmente dopo il 6 maggio, quando la Germania avrà
finalmente il suo governo.
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