BRUXELLES - In una situazione di perdurante stallo al tavolo dei negoziati il messaggio dell'Europa a Trump, pur restando quello dell'apertura al dialogo e dell'ostinata ricerca a una soluzione negoziale, rischia di cambiare sfumatura. E perfino la prudente Unione europea può sensibilmente mutare tono. Così, all'indomani del via libera politico dei 27 ai primi controdazi europei, la Commissione ha voluto dare un messaggio chiaro all'amministrazione americana: Bruxelles si attende che Washington cooperi, nel frattempo "tutte le opzioni sono sul tavolo". Incluse quelle che andrebbero a colpire le Big Tech d'Oltreoceano. "Sia chiaro, il bazooka è ancora sul tavolo, ma speriamo di non doverlo usare, agli Usa diciamo che vogliamo parlare", è linea tracciata da Palazzo Berlaymont.
Il bazooka in questione può assumere la forma dello strumento anti-coercizione, sorta di golden power comunitario che serrerebbe parte del mercato unico alle imprese americane, a cominciare da quelle digitali. Si tratta, sia chiaro, di mere ipotesi. Sullo strumento, si ragiona in ambienti comunitari, è essenziale la maggioranza qualificata dei 27. Un quorum che, al momento, non sembra emergere. Certo, sebbene con diverse gradazione, la pazienza dell'esecutivo Ue e dei Paesi membri non è infinita. E la dimostrazione sta nell'ok alla lista dei controdazi, previsto per mercoledì nella cosiddetta comitatologia, una cabina di regia - che ha sede in Commissione - dove i rappresentanti tecnici dei governi nazionali esaminano l'attuazione delle norme da parte dell'esecutivo Ue. È in quella sede, alle 14.30, che saranno votate le prime contromisure all'offensiva commerciale degli Usa. L'approvazione è scontata, dato che per non passare le misure dovrebbero essere bloccate da una maggioranza qualificata contraria. L'Italia, lunedì a Lussemburgo, aveva chiesto un rinvio, chiarendo tuttavia che non avrebbe ostacolato la decisione di far scattare i dazi.
Le contro tariffe verranno messe in campo in tre tranche. Una prima entrerà in vigore il 15 aprile, una seconda il 16 maggio, una terza il primo dicembre, seguendo una gradualità che testimonia come, la mano dell'Ue agli Stati Uniti, resti tesa.
Per lo stesso motivo Bruxelles non ha ancora accelerato sulla cosiddetta web tax, sorta di equo compenso da chiedere ai servizi digitali. Diverso il discorso per le sanzioni dirette ad Apple e Meta per violazione del Digital Market Act. Sebbene cronologicamente si stiano intersecando alla guerra dei dazi, l'Ue le considera un dossier separato e autonomo. Tutto, ovviamente, dipenderà dai negoziati. Con un'appendice: "Per ballare il tango, bisogna essere in due"; raccontava ai giornalisti a Lussemburgo il rappresentante della presidenza polacca dell'Ue, Michal Baranowski. Il problema, ha spiegato in audizione all'Eurocamera la direttrice generale della Dg Trade Sabine Weyand, è anche con chi parlare negli Usa. Secondo quanto riportato da fonti presenti all'incontro Weyand avrebbe infatti spiegato come, per il commissario Maros Sefcovic, un conto sia parlare con il suo omologo al Commercio Howard Lutnick, e un altro con Peter Navarro, il consulente di Trump fautore della linea dura. In queste ore, a Bruxelles, si guarda inoltre a Pechino.
L'escalation sui dazi tra Usa e Cina, nella strategia europea, è considerata come una possibile sponda. E, nel frattempo, i canali con il colosso asiatico sono riaperti. In una telefonata con il premier cinese Li Qiang, von der Leyen ha chiesto "una risoluzione negoziata della situazione attuale, sottolineando la necessità di evitare una escalation". Il colloquio è stato descritto come "costruttivo". Il vertice Ue-Cina, che potrebbe cadere prima dell'estate, potrebbe rappresentare un appuntamento decisivo per le relazioni tra Bruxelles e Pechino. Nel frattempo, il viaggio della Commissione a Delhi ha dato i suoi frutti: sta prendendo forma l'accordo di libero scambio tra Ue e India. Una piccola rivoluzione, come potrebbe esserlo la finalizzazione dell'intesa con il Mercosur.
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