BRUXELLES - L'eurodeputato Marc Tarabella e l'assistente parlamentare Francesco Giorgi, entrambi agli arresti domiciliari dopo alcuni mesi passati in carcere nell'ambito dell'inchiesta sul cosiddetto Qatargate, sono stati rilasciati sotto condizioni.
La procura federale del Belgio ha evidenziato che "la loro carcerazione preventiva non era più giustificata", senza tuttavia specificare le condizioni. A questo punto per Tarabella e Giorgi, braccio destro dell'ex eurodeputato pentito Pier Antonio Panzeri e compagno dell'ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili, non ci sarà più l'obbligo di indossare il braccialetto elettronico. I difensori restano in attesa di maggiori informazioni che potrebbero arrivare in serata o nella mattinata di domani.
L'eurodeputato socialista, borgomastro del piccolo comune belga di Anthisnes, era stato arrestato il 10 febbraio scorso, trascinato nell'indagine a seguito delle rivelazioni dell'ex collega pentito Pier Antonio Panzeri, che lo aveva accusato di aver ricevuto una somma compresa tra i 120mila e i 140mila di euro per sostenere il Qatar. Accuse che il belga ha sempre respinto, asserendo sin dall'inizio di essere innocente e del tutto estraneo ai fatti, e muovendo a sua volta una richiesta di ricusazione - poi respinta dalla giustizia belga - nei confronti dello stesso Claise con le accuse di "parzialità" e di aver violato la presunzione di innocenza.
Dopo due mesi in cella, lo scorso 13 aprile Tarabella ha potuto fare rientro nella sua abitazione dove è rimasto per quasi un mese ai domiciliari con l'obbligo di indossare il braccialetto elettronico. Il percorso giudiziario è stato simile anche per Giorgi. Arrestato allo scoppio dello scandalo insieme alla compagna Eva Kaili, lo scorso 9 dicembre, dopo che nella sua abitazione erano stati ritrovati 150mila euro in contanti, l'assistente lombardo ha trascorso due mesi e mezzo nel carcere di Saint-Gilles prima di ottenere i domiciliari lo scorso 23 febbraio. Durante gli interrogatori con gli inquirenti l'assistente parlamentare aveva tuttavia ammesso di aver contribuito alla trama di corruzione a favore di Doha e Rabat orchestrata da Panzeri.
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