Solo applicando nelle nuove
costruzioni o urbanizzazioni il principio di "invarianza
climatica" - il rischio deve essere uguale o inferiore a quello
già presente - è possibile contrastare il pericolo
idrolgeologico nelle regioni italiane. Lo afferma una ricerca
del Centro studi sugli Impatti dei Cambiamenti Climatici -
Critical dell'Università di Padova a Rovigo, condotto negli
ultimi due anni, dopo la devastante alluvione che colpì la
Romagna nel maggio 2023, la più catastrofica che l'Italia
ricordi dopo l'evento del Polesine del 1951
Lo studio si connota come parte delle attività del
Partenariato Return finanziato dal Programma Nazionale di
Ripresa e Resilienza. Questi approfondimenti, spiega l'Ateneo di
Padova, hanno evidenziato quali sono i punti di debolezza del
territorio che, in Romagna come altrove, richiedono una
strategia sistematica di riduzione del rischio idrologico e
idraulico "e non interventi estemporanei ed emergenziali". Lo
richiede, spiegano gli scienziati, il cambiamento climatico, che
è già presente e che ha già incrementato l'intensità degli
eventi estremi che colpiscono i territori.
Dove esistono osservazioni storiche multicentenarie delle
precipitazioni - a Padova, per esempio, la pioggia giornaliera
si misura dal 1725 - si sa che dalla metà del '900 l'intensità
delle piogge estreme è aumentata di circa il 20%. Le
infrastrutture, dunque, sono già inadeguate al clima attuale ma
il cambiamento climatico, purtroppo, riserverà intensificazioni
ancora maggiori. Le analisi mostrano che proprio nei bacini
colpiti dall'alluvione del 2023 il cambiamento climatico indurrà
entro la fine di questo secolo aumenti delle precipitazioni
estreme comprese tra il 30% e il 50% . Ciò equivale a dire che
gli eventi verificatisi nel 2023 si ripresenteranno più
frequenti da qui al 2100, e non solo in Romagna.
"Le perdite di vite umane che ci aspettiamo e le perdite
economiche che l'evento della Romagna ha mostrato essere reali -
spiega Marco Marani, direttore del centro Critical e docente di
Ingegneria all'Università di Padova - . richiedono di agire
rapidamente e in modo sistematico. Possiamo fare molte cose, ad
esempio non costruire in aree a rischio e dove il cambiamento
climatico sarà più intenso: siamo ora in grado di dire quali
sono. È necessario adottare un principio di invarianza
climatica: ogni volta che si interviene sul territorio, le
variazioni apportate (costruzione o riassetto di centri urbani
o industriali, infrastrutture come arginature, ponti, strade -
devono assicurare che il rischio cui saranno soggette da qui al
2100 sia almeno uguale, o inferiore, a quello che le colpiva
all'inizio del 1900. Solo così sarà possibile adeguare il nostro
territorio a un rischio che diventerà presto insostenibile".
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