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Rubiales condannato a 10.800 euro di multa per il bacio a Hermoso

Rubiales condannato a 10.800 euro di multa per il bacio a Hermoso

Per l'aggressione sessuale, l'ex presidente della Federcalcio spagnola assolto invece dal reato di intimidazione

MADRID, 20 febbraio 2025, 19:50

di Paola Del Vecchio

ANSACheck
Rubiales bacia Hermoso ai mondiali donne - RIPRODUZIONE RISERVATA

Rubiales bacia Hermoso ai mondiali donne - RIPRODUZIONE RISERVATA

Quel bacio sulla bocca dato in mondovisione da Luis Rubiales all'attaccante della nazionale Roja Jenni Hermoso, durante la premiazione dei Mondiali di Sidney il 20 agosto 2023, "fu un atto che attenta contro la libertà sessuale di un'altra persona, senza consenso dell'aggredita". E' esplicita la sentenza del tribunale dell'Audiencia Nacional che condanna l'ex presidente della Federcalcio spagnola (Rfef) per aggressione sessuale. 
   

Video Processo Rubiales, la testimonianza di Jenni Hermoso

La pena per quel gesto, che avvelenò il giorno della gloria e dell'esultanza per la prima vittoria della nazionale spagnola femminile al campionato del mondo, è una multa di 10.800 euro. Con il divieto per Rubiales di avvicinarsi in un raggio di 200 metri alla Hermoso e di comunicare con lei per un anno. Oltre a 3.000 euro per responsabilità civile.

Il giudice José Manuel Clemente Fernandez Prieto considera provato che quel bacio ebbe una "chiara connotazione sessuale" poiché "non è un modo normale di salutare una persona con la quale non si ha una relazione affettiva". E dà "piena credibilità" al racconto di Hermoso, che durante la sua testimonianza a inizio processo, lo scorso 3 febbraio, aveva dichiarato: "Mi ha preso la testa con una tale decisione che non mi ha lasciato modo di reagire. Un gesto totalmente fuori luogo: era il mio capo che mi stava baciando".

Aggiungendo che "questo non dovrebbe succedere mai, in nessun ambito sociale o professionale". Nelle 36 pagine della sentenza, il giudice rigetta la versione di Rubiales, secondo cui aveva chiesto alla calciatrice di 34 anni il permesso di "darle un bacino". Tuttavia, lo assolve dal reato di 'coercizione', per le presunte pressioni e intimidazioni nei confronti della Hemoso e di suoi familiari, perché l'attaccante avallasse pubblicamente la sua versione.

Il verdetto considera, infatti, non provato "alcun atto di violenza o di intimidazione" alla vittima da parte di Rubiales, né degli altri tre dirigenti della Rfef co-imputati: l'ex direttore della nazionale maschile, Albert Luque, l'ex allenatore della nazionale femminile, Jorge Vilda, e l'ex responsabile di marketing della Rfef, Ruben Rivera, a loro volta assolti. E ciò, nonostante le testimonianze delle calciatrici della nazionale Roja, Misa Rodriguez, Irene Parades, Alexia Putellas e Laia Codina, che con il fratello di Jenni Hermoso e due amici avevano raccontato in aula una serie di manovre da parte dei vertici della Federcalcio per indurre l'attaccante a minimizzare l'accaduto.

Un verdetto che non soddisfa la Procura, che aveva chiesto per l'ex capo del calcio spagnolo una condanna a due anni e mezzo di carcere - uno e mezzo per gli altri imputati - e si è riservata la decisione di ricorrere in secondo grado.

Anche la difesa di Rubiales sarebbe decisa a presentare appello alla condanna. Che è solo una delle grane giudiziarie che coinvolgono il potente ex capo del calcio spagnolo, presidente della Rfef dal 2018 al 2023, sospeso dalla Fifa e costretto alle dimissioni dopo il bacio incriminato.

Coinvolto in una serie di scandali durante la sua gestione, Rubiales è attualmente indagato per presunta corruzione da un tribunale di Majadahonda (Madrid) nell' inchiesta sul contratto milionario per il trasferimento della Supercoppa di Spagna in Arabia Saudita, in cui è imputato anche l'ex calciatore del Barcellona, Gerard Piquet, con la sua società Kosmos, che avrebbe fatto da intermediaria.

Un verdetto celebrato a metà, per la parziale condanna, anche dalle associazioni femministe, come la Federazione delle Donne progressiste, che nel 2023 hanno associato la Hermoso all'hashtag #SeAcabò, facendola diventare un simbolo globale della lotta al sessismo nel calcio.

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