"La questione riguarda solo
il nome del prodotto in etichetta che a tutela del consumatore
deve essere "olive farcite" o olive ripiene" e non può
descrivere come ascolana una oliva che non lo è, ciò solo perché
esiste la DOP". Così il presidente del Consorzio di Tutela
dell'Oliva Ascolana del Piceno Dop Primo Valenti replica alle
accuse del presidente di Confindustria di Ascoli Piceno Simone
Ferraioli che ha messo in discussione il ruolo stesso del
consorzio accusandolo di andare contro le norme europee.
"L'incremento della produzione dell'oliva ascolana tenera è
stato certamente bloccato dalla assenza di differenziazione sul
mercato tra prodotto DOP e non Dop. Quindi, - afferma Valenti -
auspichiamo che Confindustria non continui ad operare come freno
allo sviluppo della Dop Economy locale, tentando di scaricare la
responsabilità su altri, ma approfondisca i benefici della Dop
Economy, che oramai ovunque in Italia è praticata, e colga
finalmente l'importanza di investire in ettari di uliveti DOP
nell'ampio areale che va da Fermo a Teramo".
Sul timore espresso dal presidente di Confindustria riguardo
i posti di lavoro Valenti replica che "nessuno vuol far cessare
produzioni o chiudere fabbriche, tantomeno il Consorzio".
Alle accuse di "malagestione" Valenti risponde che "negli anni
in questione erano presenti nel CdA le grandi industrie
agroalimentari del Piceno, che ben avrebbero potuto negli anni
dal 2007 al 2017 impiantare uliveti e certificarli come Dop e
avviare la produzione di eccellenza, come tutti si attendevano.
Ma - sottolinea il presidente del Consorzio di Tutela dell'Oliva
Ascolana Dop - nel Piceno gli imprenditori non hanno avuto
saggezza e lungimiranza e chi era nel CdA del primo Consorzio ha
deciso di remare contro la Dop per dieci anni, senza impiantare
neppure un ettaro di uliveto Dop".
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