Dalla gestione dei parcheggi
pubblici ai servizi socio-assistenziali, dai lavori nelle scuole
o nelle strade alla manutenzione del verde: nel Comune di
Caserta la camorra o soggetti ad essa contigui si infiltravano
per lucrare guadagni negli anni dell'amministrazione targata Pd
dell'ex sindaco Carlo Marino, in carica dal giugno 2016
all'aprile scorso, quando il Governo ha sciolto l'ente comunale
per infiltrazioni camorristiche. Un quadro di illegalità e
condizionamenti diffusi e profondi che emerge in dalla relazione
del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, allegata al Decreto
del Presidente della Repubblica in corso di pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale.
Il ministro parla di "una evidente assenza di legalità
dell'azione amministrativa e uno stato di precarietà degli
uffici comunali, da cui conseguono irregolarità gestionali e un
preoccupante livello di compromissione dell'amministrazione
comunale", e di una struttura politico-amministrativa
"costantemente orientata ad eludere i principi di legalità,
trasparenza, imparzialità e correttezza, tendenza aggravata dai
rapporti di collegamento diretto e indiretto tra il sindaco,
l'ex vicesindaco e l'ex assessore con la criminalità
organizzata".
Altri elementi si trovano nella relazione della Prefettura di
Caserta, allegata al Dpr, firmata dal prefetto Lucia Volpe
risultata decisiva per la scelta del Governo anche perché si
basa su quanto accertato dalla Commissione d'Accesso insediatasi
ad agosto scorso al Comune; in sei mesi di lavoro, i commissari
scelti dal predecessore della Volpe, l'allora prefetto Giuseppe
Castaldo, hanno passato al setaccio atti e documenti
amministrativi a partire dalla prima amministrazione Marino,
iniziata nel 2016, trovando sempre scarsa collaborazione
nell'ente, che "si è mostrato - scrive la Volpe riportando
stralci della relazione dei commissari - fortemente reticente
nella collaborazione rispetto alle richieste di acquisizione
documentale formulate dalla stessa commissione, producendo
sovente documentazione parziale, carente di importanti elementi
informativi e contenente in alcuni casi elementi erronei e
fuorvianti".
Ecco quindi tutte le indagini e i processi ma anche le
situazioni poco chiare accertate dai Commissari. Ci sono le
ultime due indagini della Procura di Santa Maria Capua Vetere,
una di giugno e l'altra di ottobre scorsi, entrambe relative
all'illecita assegnazione da parte del Comune degli appalti
nelle scuole e per la gestione del verde, che hanno portato
all'arresto dell'assessore Marzo, di altri dipendenti e
soprattutto in entrambi i casi del dirigente Franco Biondi,
figura di vertice dell'amministrazione. Nella sua relazione
Piantedosi bacchetta Marino per aver continuato ad attribuire a
Biondi, nonostante i processi e le indagini, "incarichi
dirigenziali nei settori più strategici dell'ente,
programmazione urbanistica, lavori pubblici, Suap, polizia
locale e contenzioso, in violazione delle norme in materia di
prevenzione della corruzione". Biondi è infatti da anni sotto
processo anche per la costruzione del parcheggio di via San
Carlo - altro procedimento di cui parla la relazione - che per
la Dda di Napoli sarebbe stato realizzato da un imprenditore
vicino al boss dei Casalesi Michele Zagaria. Anche dopo il
doppio arresto del 2024, Biondi ha peraltro continuato ad avere
deleghe importanti, e solo a fine anno Marino gliene ha tolte
alcune. C'è inoltre la vicenda che riguarda lo stesso Marino,
sotto processo per turbativa d'asta in relazione ad un appalto
nel settore dei rifiuti in cui è imputato anche Carlo Savoia,
che per la Dda sarebbe un colletto bianco vicino al clan dei
Casalesi.
C'è poi il caso dell'ex vicesindaco Emiliano Casale, indagato
dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere per voto di scambio
commesso con un imprenditore ritenuto vicino al clan Belforte di
Marcianise. C'è ancora l'indagine della Dda sui servizi
socio-assistenziali - è indagato un ex assessore comunale -
affidati dal Comune a soggetti vicini al clan, in particolare ad
una coop che nel 2023 ha avuto l'interdittiva antimafia dalla
prefettura di Salerno. La relazione del prefetto da poi rilievo
alla condanna del 2023 a 4 anni e otto mesi per voto di scambio
politico-mafioso inflitta a Pasquale Corvino, ex vicesindaco di
Caserta prima dell'avvento di Marino, dunque quando governava il
centrodestra; ma la sorella di Corvino nel 2016 fu candidata con
Marino, prese più voti di tutti e divenne anche assessore.
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