E' uscito dall'ospedale da
vincitore nella sua seconda grande lotta contro il cancro,
determinato però a rientrarci per donare un sorriso ai piccoli
malati oncologici: e così, a pochi giorni dalle dimissioni un
20enne di Cercola, ha organizzato una "spedizione" di volontari
e animatori per rendere allegro un pomeriggio di alcuni bambini
e ragazzi ricoverati nel reparto di Onco-Ematologia della
Clinica Pediatrica Vanvitelli di Napoli. Il giovane, Ermete
Panico, dal letto dell'ospedale Santobono-Pausilipon di Napoli,
dove era ricoverato per lottare contro il "mostro" per la
seconda volta in cinque anni, ha deciso di fondare
un'associazione apposita, "Uniti si vince 2025", ed in pochi
giorni ha messo in piedi un vero esercito di volontari per
portare il sorriso ai "piccoli guerrieri" impegnati nella loro
grande battaglia per la vita, sottolineando l'importanza di non
farli sentire "diversi o ammalati". A dargli man forte la
pediatra Delia De Biasio, una psicologa, alcuni amici, tra i
quali c'è anche Nicola Alonzo, uno degli animatori che anni fa
cercarono di alleggerirgli le giornate durante la prima
permanenza in ospedale. "Nicola mi trattò senza tanti fronzoli -
ricorda - ed io, che all'epoca avevo 14 anni, lo odiai. Ora è
tra i miei migliori amici". A tre giorni dalle dimissioni dal
Pausilipon, Ermete ha portato i volontari e la sua esperienza ai
piccoli ricoverati della clinica pediatrica 'Vanvitelli', pronto
a far giocare e ballare i bambini costretti in ospedale per le
cure. Un pomeriggio diverso per i piccoli, che hanno accolto il
gruppo di volontari con il sorriso, nonostante le flebo
trascinate nei corridoi per raggiungere lo spazio destinato al
gioco: qualche calcio al pallone, una merenda sana, qualche
ballo, i racconti per arrivare alla vittoria e soprattutto tanti
abbracci. "Quest'anno ho dovuto riaffrontare la lotta contro il
cancro che era tornato più aggressivo - spiega Ermete con un
sorriso disarmante - ma ce l'ho fatta. In questi anni sono
tornato con Nicola in ospedale da volontario, ma adesso, da
"vecchio combattente", ho un'altra consapevolezza. Voglio
aiutare gli altri a non sentirsi soli, perché chiudersi e non
parlarne non serve. Finora ho avuto paura a 'scoprirmi', a
raccontare, ma stare in silenzio quando il tuo corpo cambia,
quando non riesci nemmeno a mandare giù un boccone, non va bene.
Essere soli non va bene. Tutti possono aiutare, nessuno escluso.
Il nostro obiettivo deve essere quello di alleggerire questa
permanenza forzata nei reparti oncologici. I bambini devono
poter sorridere - conclude - e le loro mamme devono sapere che
non sono sole".
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