"Una delle grandi mutazioni
antropologiche del nostro tempo riguarda la cronicizzazione
dell'adolescenza". A partire da questo assioma dello
psicanalista Massimo Recalcati, Mario Perrotta conclude il suo
percorso di indagine dentro le relazioni familiari, con la meta
finale 'Dei figli', in scena da giovedì 10 aprile alle 21
(repliche fino a domenica 13), nel Teatro Nuovo di Napoli.
Presentato da Teatro Stabile di Bolzano, Fondazione Sipario
Toscana Onlus, La Piccionaia Centro di Produzione Teatrale e
Permàr, l'allestimento conclude il percorso di indagine dentro
le relazioni familiari, una trilogia di Mario Perrotta iniziata
con gli spettacoli 'Nel nome del padre' e 'Della madre'.
Come gli altri due lavori della trilogia, evidenzia una nota,
'Dei figli' è scritto con la consulenza di Massimo Recalcati,
che ai temi della famiglia ha dedicato molti studi e
pubblicazioni, e prova a ragionare su quella strana generazione
allargata di "giovani" tra i 18 e i 45 anni che non ha
intenzione di dimettersi dal ruolo di figlio.
Lo spettacolo di Perrotta, in scena assieme a Luigi Bignone,
Dalila Cozzolino, Matteo Ippolito e (tra video e audio) Arturo
Cirillo, Alessandro Mor, Marta Pizzigallo, Paola Roscioli, Maria
Grazia Solano, Saverio La Ruina, Marica Nicolai, indaga le
molteplici sfumature dell'essere figlio, ambientando la vicenda
in una casa che assomiglia a un limbo. "Un purgatorio - spiega
il regista e drammaturgo - per chiunque vi passi ad abitare.
Vite in transito che sostano il tempo necessario, un giorno o
anche una vita, pagano un affitto
irrisorio e in nero e questo li lascia liberi di scegliere
quanto stare, quando andare. Solo uno sosta lì da sempre:
Gaetano, il titolare dell'affitto. Al momento, le vite in casa
sono quattro". Vediamo tutti gli ambienti come se i muri fossero
trasparenti. La casa è fluida, come le vite che vi abitano. Le
uniche certezze sono quattro monitor di design, bianchi, come
enormi
smartphone. Su ognuno di essi stanziano, incombenti, le famiglie
di origine degli abitanti: genitori, sorelle, cugini.
In scena si alternano tredici personaggi, conclude la nota,
"per un intreccio amaramente comico, quello che Perrotta
definisce un avvitamento senza fine di esistenze a rischio,
imbrigliate come sono nel riflettere su loro stesse. Uno sguardo
sul presente per indagare quanto profonda e duratura è la
mutazione delle famiglie millennial e quanto di universale,
eterno, resta ancora".
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