La crescita occupazionale, che è
passata da 5 a 70 lavoratori di cui il 50% selezionato tra i
giovanissimi frequentatori dei centri educativi del quartiere;
l'età media dei cooperatori di 33 anni con il 40% di essi che ha
migliorato il proprio titolo di studio dopo l'esperienza in
cooperativa e il 75% che ha scelto di vivere al Rione Sanità;
gli oltre 14.000 mq di patrimonio culturale recuperato in
diciotto anni tra chiese, catacombe, affreschi e altri pezzi di
"eredità culturale". Questi alcuni dei risultati che sono stati
presentati oggi dalla cooperativa di Napoli "La Paranza", che
sta trasformando il Rione Sanità di Napoli e che, su invito
della Commissione Ue, ha presentato il processo di rigenerazione
sociale del quartiere al gruppo di esperti sul Patrimonio
Culturale riunitosi a Bruxelles.
La direzione generale dell'Istruzione, della gioventù, dello
sport e della cultura (EAC) della Commissione Europea ha
invitato La Paranza, convinta che "la sua esperienza possa
servire da esempio ad altre istituzioni e amministrazioni in
Europa".
A rappresentare la Paranza a Bruxelles, sono stati due
giovani del quartiere e membri della cooperativa, Susy Galeone e
Antonio Lenti che hanno spiegato come lavora La Paranza, che dal
2009 gestisce le catacombe di Napoli e presto anche il cimitero
delle Fontanelle: "prendersi cura del patrimonio culturale
significa prendersi cura delle persone", come recita il titolo
già scelto per presentare l'impegno quotidiano della cooperativa
nel catalogo "Cultural Heritage in Action", pubblicato
dall'Unione Europea nel marzo 2023 per fornire alle città e alle
regioni d'Europa linee d'indirizzo e casi esemplari per
affrontare le principali sfide della contemporaneità attraverso
la valorizzazione del patrimonio culturale.
Il racconto di come è stato possibile attuare il processo di
rigenerazione del Rione Sanità valorizzando il patrimonio
culturale di oggi è affrontato ripercorrendo momenti storici
diversi, a partire dall'arrivo del parroco don Antonio Loffredo.
Susy Galeone è infatti uno dei soci fondatori della cooperativa,
mentre Antonio è entrato a farne parte subito dopo la pandemia.
Emerge chiaramente dai due interventi, la diversità del contesto
di partenza: un rione senza speranza quello di Susy, un
quartiere diventato simbolo di speranza, quello in cui è
cresciuto Antonio. Ed è questo, probabilmente, il risultato più
significativo dell'impatto che la Paranza ha prodotto nei suoi
diciotto anni di lavoro al Rione Sanità: la concreta possibilità
per i giovani del territorio di riconoscersi oggi parte di una
comunità capace di prendersi cura del patrimonio culturale e
delle persone. Gli strumenti che la Paranza ha fatto suoi e che
le hanno permesso di incidere profondamente sul tessuto sociale
e urbano di un quartiere prima degradato e oggi divenuto caso
studio per istituzioni nazionali e internazionali ed esperti del
settore, sono essenzialmente riconducibili alla scelta di
investire sull'imprenditorialità giovanile, seguire la via della
cooperazione, coinvolgere il mondo profit, investire sulle
pietre scartate che possono diventare testate d'angolo di un
sistema di welfare generativo e, infine, coinvolgere la
comunità. Negli ultimi anni alla Sanità c'è stata una ricchezza
prodotta dal turismo che permette di ridurre le diseguaglianze
economiche e di rafforzare la coesione sociale. E se sono i
giovani a scegliere di restare e di prendersi cura del proprio
territorio per migliorarlo, saranno proprio loro i primi a fare
tutto il possibile per contrastare gli effetti negativi legati
alla perdita dell'identità culturale. La Paranza, hanno spiegato
i giovani alla Ue, ha reso concreta la "Restanza", ovvero
"l'atteggiamento - hanno spiegato - di chi, nonostante le
difficoltà e sulla spinta del desiderio, resta nella propria
terra d'origine, con intenti propositivi e iniziative di
rinnovamento".
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