Il Senato Accademico e il
Consiglio di amministrazione dell'Università Mediterranea di
Reggio Calabria hanno approvato il "Regolamento per
l'attivazione e la gestione delle Carriere Alias" per la
componente studentesca, strumento definito di "tutela
dell'identità di genere all'interno dell'Ateneo". Una scelta che
ha provocato la polemica reazione dell'associazione Pro vita &
famiglia.
La scelta, riferisce l'Ateneo è "in linea con lo Statuto
dell'Università e con la programmazione strategica di Ateneo in
tema di pari opportunità, inclusione e contrasto ad ogni tipo di
discriminazione. L'identità alias consentirà a tutti coloro che
sperimentino una incongruenza fra sesso biologico e identità di
genere di utilizzare all'interno dell'Ateneo un nome diverso da
quello anagrafico, come espressione del diritto
all'autodeterminazione di genere. L'obiettivo è quello di
favorire la realizzazione di un ambiente inclusivo, sempre
ispirato al valore fondamentale della pari dignità delle
persone. Un segnale di apertura ed attenzione al benessere
psico-fisico di chi studia nell'Ateneo reggino nell'ambito dei
corsi di Laurea, corsi di Dottorato, Scuole di specializzazione
o Master".
Decisione alla quale si oppone l'associazione, secondo cui
"mentre tutto il mondo ormai ha capito quali dannose conseguenze
produce la teoria gender, l'Università Mediterranea decide di
assecondare una sparuta minoranza che ha fatto della sessualità
una ideologia e di porsi di fatto contro il corso storico".
"È di questa estate - afferma Pro Vita & Famiglia del gruppo
di Reggio Calabria - la sentenza della Corte costituzionale in
cui si nega la possibilità di riconoscere nei Tribunali una
presunta terza identità sessuale 'non binaria', cioè né maschile
né femminile. La Consulta cita anche il fenomeno della 'carriera
alias' nelle scuole e nelle Università come un esempio di
questione sociale legata al tema dell'identità di genere 'non
binaria', ribadendo però che la legge italiana 'stabilisce il
principio della corrispondenza tra nome e sesso' e che,
pertanto, solo un intervento legislativo potrebbe superare o
cambiare questa regola".
"Siamo convintissimi - prosegue l'associazione che i giovani
che quotidianamente frequentano l'Università reggina abbiano
altri interessi da certe questioni e non perché indifferenti o
insensibili alle discriminazioni ma semplicemente perché le
nuove generazioni hanno già in sé questi anticorpi. Sarebbe più
opportuno valorizzare questi anticorpi e per fare ciò basterebbe
semplicemente che l'Università compia la sua vera vocazione,
ovvero non di strumento ideologico che crea solo confusione e
contrapposizione ma luogo in cui vengono trasmessi i saperi per
la formazione integrale della persona che dovrà poi continuare
costruire la società del futuro".
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