ROMA - Per la prima volta in quattro anni, l'ex premier libanese Hassan Diab, in carica dal dicembre 2019 all'agosto 2020, è stato interrogato dal giudice Tareq Bitar, titolare dell'inchiesta sull'esplosione del porto di Beirut nel 2020, che causò l'uccisione di circa 250 persone e il ferimento di altre seimila oltre al danneggiamento di un terzo della capitale libanese.
Nei giorni scorsi era stato interrogato da Bitar anche l'ex ministro degli Interni Nuhad Mashnuq (Nohad Machnouk), in carica dal 2014 al 2018. Questi due interrogatori sono senza precedenti perché finora personalità di spicco come Diab e Mashnuq, assieme ad altri ex ministri e deputati, si erano rifiutate di apparire di fronte al giudice Bitar.
Dal 2022, il lavoro di Bitar era stato di fatto bloccato da una serie di misure prese dall'ex procuratore generale Ghassan Oueidat, ora in pensione e da più parti considerato esponente dell'oligarchia al potere. Questa è stata ripetutamente accusata di responsabilità dirette nella permanenza illegale e per sette anni, dal 2013, delle 250 tonnellate di nitrato di ammonio nel porto di Beirut, situato nel cuore della zona residenziale della capitale. L'esplosione di questa ingente quantità di nitrato di ammonio ha causato la devastazione del 4 agosto 2020. Il successore di Oueidat, il giudice Jamal Hajjar, nominato a febbraio nel contesto del cambio di equilibri politici in Libano, ha ripristinato la libertà di azione del giudice Bitar, a cui tra l'altro era stato negato il permesso di recarsi all'estero e di chiedere rogatorie internazionali. In questo contesto, nei prossimi giorni Bitar riceverà a Beirut inquirenti francesi che indagano sull'esplosione del porto, nella quale sono stati uccisi anche cittadini di doppia nazionalità libanese e francese.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA