ROMA - Sullo sfondo di una tregua ogni giorno sul filo del rasoio, i leader del mondo arabo cercano l'accordo su un piano per il futuro di Gaza che rispetti i diritti della popolazione palestinese favorendo la ricostruzione e una governance in grado di garantire una pace stabile e duratura. Un piano agli antipodi di quello ideato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump che sogna, sostenuto da Benyamin Netanyahu, una Striscia trasformata in Riviera del Medio Oriente sotto il controllo degli Usa e senza Hamas né Anp tra i piedi.
Anzi, senza neanche i due milioni di palestinesi che oggi abitano Gaza, che vorrebbe deportati nei Paesi 'fratelli'. Una soluzione, quella proposta dal tycoon, che l'intero mondo arabo ha già annunciato di osteggiare senza però essere stato in grado, almeno finora, di trovare un'intesa su una possibile alternativa.
Per questo domani i leader dei Paesi arabi si incontreranno a Riad, in Arabia Saudita, per un summit che secondo gli esperti potrebbe essere "il più importante degli ultimi decenni" per la regione e in particolare per la questione palestinese, anche se difficilmente decisivo, visto che il vertice arabo previsto al Cairo per il 27 febbraio è stato rinviato al 4 marzo.
Ufficialmente per motivi logistici, probabilmente anche per dare più tempo ai contatti di dare frutti.
Base della discussione sarà la proposta egiziana elaborata sulla base di precedenti colloqui, destinata ad essere approfondita e limata fino all'ultimo. Esposta a grandi linee ieri a Pedro Sanchez durante una visita a Madrid, ha ottenuto il suo pieno sostegno; no a controlli esterni e alle deportazioni.
Ma è nel merito che l'intesa si profila più ardua.
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