Le minacce del cambiamento climatico sono molteplici, come emerge dal rapporto intitolato "I limiti della politica di sicurezza alimentare: il caso del settore dei cereali", tra cui il degrado delle coste, le inondazioni del territorio, il degrado e la desertificazione degli ecosistemi e le scarse risorse idriche. L'Istituto nazionale di meteorologia (Inm), ricorda lo studio, ha rilasciato previsioni di temperature medie più elevate per la Tunisia (+ 2,1°C e 2,4°C entro il 2050 e +4,2°C e 5,2°C alla fine del 2100) insieme a precipitazioni annuali inferiori (-1% e -14% nel 2050 e -18% a -27% nel 2100).
La Tunisia aveva annunciato nell'agosto 2018 il suo Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici che richiedeva 3 milioni di dollari di finanziamenti ma non è riuscita ad adottare strategie basate sul settore come nel caso del settore agricolo. Il cambiamento climatico comporta importanti rischi socioeconomici, principalmente per gli agricoltori. La perdita causata dall'erosione del suolo nei terreni agricoli, secondo il ministero dell'agricoltura, ammonta a circa il 20% delle aree destinate alla coltivazione di cereali entro il 2030. Ne conseguirà un calo della produzione di cereali non irrigati (circa il 40%), in particolare nel nord.
Le proiezioni di perdita per la produzione di grano nel nord entro il 2030 indicano cifre pari al 2,04% per il grano duro, al 9,62% per il grano tenero e al 6,78% per l'orzo. La scarsa produzione di varietà di grano locali, mostra il documento, è stata per decenni l'argomento principale per cui le istituzioni finanziarie internazionali hanno imposto i loro diktat al governo tunisino allo scopo di cercare varietà straniere geneticamente modificate. Attualmente, ci sono 100 varietà locali alla Banca nazionale dei geni, ma i coltivatori di grano ne usano solo cinque contro le 50 degli anni '40. I semi geneticamente modificati non sono adatti al clima tunisino, dimostrando una minore resilienza all'impatto del cambiamento climatico. Questo in aggiunta ai costi più elevati sostenuti per il trattamento chimico dei semi. Lo studio evidenzia la mancanza di un quadro normativo che salvaguardi le risorse genetiche e consenta di perseguire gli importatori di semi stranieri in caso di violazione degli standard. Alcuni coltivatori di grano in Tunisia hanno iniziato a esplorare altre alternative utilizzando i semi degli agricoltori; ma considerando l'assenza di sostegno statale, sta prendendo piede una tendenza a rinunciare a questa attività che avrebbe un impatto socioeconomico grave e aumenterebbe la dipendenza dalle importazioni. Lo Stato tunisino, secondo gli autori dello studio, è sollecitato dunque a elaborare strategie per la gestione delle risorse naturali che anticipino i rischi in relazione al cambiamento climatico e adottino misure di mitigazione. (ANSAmed).
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