Sopravvissuto quando aveva 3
anni alla strage del duomo di San Miniato (Pisa) sul finire
della II Guerra mondiale, Enrico Guerra, oggi 83enne, ex
bibliotecario e scrittore che vive a Spoltore (Pescara), è stato
insignito della cittadinanza onoraria dal Comune toscano dove il
22 luglio 1944 fu coinvolto nel tragico avvenimento bellico che
costò, sotto i suoi occhi, la vita al padre, Ugo Guerra, e ad
altri 54 civili.
Quel giorno di 79 anni fa, un ordigno colpì la chiesa dove la
sua famiglia ed un migliaio di pisani erano rifugiati per
scampare alle tensioni militari generate dall'avanzata
dell'esercito degli alleati statunitensi dalla Sicilia, ed il
contemporaneo arretramento delle truppe tedesche.
"L'obice sparato in aria entrò nel campanile della cattedrale
dove eravamo nascosti e rimbalzò proprio sulla colonna dietro la
quale eravamo noi, uccidendo così mio padre, a 33 anni", ricorda
il figlio Enrico Guerra.
Sottotenente, presidente della Gil (Gioventù italiana del
littorio) e professore di educazione fisica, il padre, Ugo,
aveva partecipato a tutte le campagne belliche dal '39 e in quel
periodo era in licenza a Pisa per aver contratto la malaria in
guerra, quando perì da civile, in quella circostanza così
fortuita, sotto gli occhi della moglie di Pescara e ai figli.
"Ho utilizzato sin da ragazzino la scrittura per elaborare il
mio vissuto", commenta Enrico. Il testimone della strage è
autore infatti, tra gli altri volumi, di "La panchina postale e
altri racconti" (Ses.eCu., 2014, pp. 120, euro 8) una raccolta
che contiene "Il rosone di guerra", lo scritto autobiografico in
cui ripercorre le circostanze dell'eccidio, la cui
responsabilità nel dopoguerra fu imputata all'esercito tedesco,
fino a quando gli studi hanno rivelato trattarsi di un ordigno
statunitense che colpì accidentalmente la chiesa.
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