Ha preso il via in questi giorni un
progetto finanziato con 3 milioni di euro dal Ministero degli
Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale per la
prevenzione e la cura delle epatiti B e C in Burkina Faso,
paese africano nel quale queste patologie virali rappresentano
una delle principali cause di morbilità e mortalità
A coordinare l'ambizioso programma triennale (2025-2028) è
l'Università di Padova, con una iniziativa che si inserisce
pienamente negli obiettivi di Copertura Sanitaria Universale
promossi dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms)
.L'iniziativa ha carattere multidisciplinare e vede il
coinvolgimento diretto del Dipartimento di Scienze Chirurgiche,
Oncologiche e Gastroenterologiche (Discog) dell'Università degli
Studi di Padova, diretto dal prof. Umberto Cillo, con il
contributo specialistico dei gastroenterologi ed epatologi
prof.ssa Patrizia Burra e prof. Francesco Paolo Russo. In
Burkina Faso l'epatite B (HBV) ha una prevalenza stimata intorno
al 10% nella popolazione generale. Il rischio aumenta
significativamente in gruppi vulnerabili: le donne in gravidanza
sono particolarmente esposte, con conseguenze gravi sia per la
loro salute sia per quella del neonato, a causa dell'elevato
rischio di trasmissione verticale del virus. In assenza di
diagnosi e trattamento tempestivi, le epatiti virali possono
evolvere in cirrosi epatica o carcinoma epatocellulare, con un
impatto letale soprattutto nei contesti a risorse limitate.
L'intervento sarà focalizzato sul Centro Ospedaliero
Universitario di Bogodogo, a Ouagadougou, e ha come obiettivo la
diagnosi e il trattamento di circa 3.000 donne in gravidanza e
bambini affetti da epatiti virali B e C. E' prevista inoltre la
formazione specialistica del personale sanitario locale,
rafforzando le competenze per una risposta sanitaria
sostenibile. Con un finanziamento di 3 milioni di euro da parte
del Ministero degli Esteri, attraverso l'Agenzia Italiana per la
Cooperazione allo Sviluppo (Aics), il progetto sarà implementato
in partenariato con Medici con l'Africa Cuamm e l'Istituto
Superiore di Sanità, in stretta collaborazione con il Ministero
della salute locale e l'Oms.
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