(di Michele Galvan)
Ci sono realtà minuscole, anche
in Veneto, dove i richiedenti asilo trovano comunità
accoglienti, sindaci che non fanno le barricate, e pian piano
diventano parte di quei paesi: impararono l'italiano, trovano un
lavoro, i loro figli vanno a scuola. E' la "giusta accoglienza"
che si pratica Santorso, un comune vicntino di 6mila abitanti,
che da solo coordina 13 amministrazioni, riconosciute come unico
progetto dal Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI), la
progettualità pubblica dello Stato gestita dall'Anci. Nel Sai
figurano altri tre progetti della provincia di Vicenza, uno del
capoluogo (75 ospiti), uno di Marano Vicentino (24), uno di
Valdagno (45).
Nei 13 comuni che hanno per capofila Santorso, vivono
attualmente 89 rifugiati all'interno di una ventina di
strutture, piccoli appartamenti diffusi nel territorio, abitati
da 4 o 5 persone al massimo. Sono donne singole, nuclei
familiari, eventualmente monoparentali, con minori accompagnati
dai genitori. Vengono accompagnate nelle necessità e nelle
incombenze quotidiane (vitto, pagamento bollette e spese) e
attraverso l'insegnamento della lingua italiana, grazie a una
scuola interna aperta anche al territori. Un esempio virtuoso,
pensando che a luglio, quando già i flussi aumentavano in modo
esponenziale e in Veneto stavano arrivando migliaia di
rifugiati, furono diversi sindaci del vicentino ad accendere la
miccia della protesta con la Prefettura, per gli immigrati
"lasciati come pacchi" davanti ai municipi.
Santorso tuttavia faceva scuola anche prima. "In questi anni
- dice il sindaco Franco Balzi,- abbiamo gestito più di 800
persone, tra immigrati e gente in fuga dalla guerra, come gli
ucraini". Il segreto è che l'accoglienza "non va subita, va
gestita dei sindaci, che coordinandosi con Stato e Prefetture
devono avere un ruolo diretto, essere soggetti politici titolari
di questa attività". "E - aggiunge - non basta fare accoglienza,
bisogna fare integrazione".
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