"In un momento dove continui
femminicidi si consumano nella nostra società in cui l'uomo non
accetta il rifiuto e pretende di possedere la vita di una donna,
c'è qualcuno, in nome di una falsa libertà, che vorrebbe
legalizzare di fatto l'acquisto e l'utilizzo del corpo
femminile". Lo sottolinea, in un intervento pubblicato da
Avvenire, don Aldo Buonaiuto, sacerdote dell'associazione
Comunità Giovanni XXIII, impegnato da anni contro la tratta.
"Legittimare la prostituzione con il codice Ateco equivale a
negare la tragica realtà del mercimonio coatto", sottolinea don
Buonaiuto ricordando le parole di Papa Francesco secondo il
quale "qualsiasi forma di prostituzione è una riduzione in
schiavitù, un atto criminale, un vizio schifoso che confonde il
fare l'amore con lo sfogare i propri istinti torturando una
donna inerme".
"Oggi a favorire i cosiddetti clienti - prosegue il prete
della Comunità fondata da don Oreste Benzi - provvederebbe
indirettamente, offrendo un appiglio a possibili spinte di
legalizzazione, anche l'Agenzia dell'Entrate che, appunto
attraverso il codice Ateco, si allinea dal punto di vista
tecnico a quei pochi Paesi europei dove la prostituzione è
legalizzata. In Italia sappiamo che non è reato prostituirsi, ma
giustamente è perseguito penalmente chi favorisce o sfrutta la
prostituzione altrui".
Per il sacerdote "proprio all'inizio della Settimana Santa
queste donne in vendita fanno pensare al Cristo sofferente,
abbandonato e maltrattato. Così avviene anche sulle strade e nei
locali di quella che alcuni vorrebbero far passare come
un'attività lavorativa al pari di altre. Quindi seguendo coloro
che spingono il nostro Paese verso la legalizzazione del
meretricio, quanti saranno poi felici di vedere anche le proprie
figlie, protette dallo Stato, vendere legalmente il proprio
corpo per otto ore al giorno? Ma chi vuole promuovere la
prostituzione sa cosa è la dignità di una persona? Conosce le
atrocità e le umiliazioni cui sono sempre assoggettate le donne
nel lasciarsi sfruttare in stato di bisogno o addirittura di
schiavitù?".
Così si "vuol fare diventare lo Stato il grande 'pappone" di
donne che per la maggior parte dei casi non hanno alternative".
"Noi della Comunità Giovanni XXIII, sulle orme del nostro
fondatore don Oreste Benzi, con le donne più indifese e
maltrattate ci viviamo da molti decenni e sappiamo che non è mai
una libera scelta lasciarsi usare da sconosciuti in cambio di
denaro. Per questo rabbrividiamo, insieme alle nostre sorelle,
nel veder strumentalizzato il dolore più atroce a fini di
propaganda", conclude don Aldo Buonaiuto.
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