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Mincione, perdite Sloane Avenue colpa della Segreteria di Stato

Mincione, perdite Sloane Avenue colpa della Segreteria di Stato

Finanziere interrogato in 20/a udienza del processo in Vaticano

CITTÀ DEL VATICANO, 06 giugno 2022, 20:37

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Fausto Gasparroni) "Ritengo che le presunte perdite nella rivendita del palazzo di Londra siano tutte da ascrivere alla Segreteria di Stato che ha rinunciato a inoltrare le autorizzazioni dell'immobile senza venderlo né iniziare i lavori; ha pubblicizzato a livello mondiale una presunta 'truffa', che non è il modo migliore per 'conquistare' e creare appeal verso possibili investitori. In ogni caso trovo strano che il contratto di vendita sia stato secretato mentre mi imputano addirittura una truffa!". Lo ha detto il finanziere Raffaele Mincione in dichiarazioni diffuse dalla difesa in occasione dell'interrogatorio di oggi nella 20/a udienza del processo.
    Le sette ore di risposte ai promotori di giustizia sono solo la prima parte dell'interrogatorio, che continuerà domani, del finanziere con sede a Londra, che nel processo sugli investimenti della Segreteria di Stato risponde di peculato, truffa, abuso d'ufficio, appropriazione indebita e autoriciclaggio. "Sono stato dipinto più volte come un signore che ha scardinato il sistema finanziario vaticano. Sono stato insultato negli atti e scuoiato sui giornali come un delinquente", ha lamentato Mincione in aula, rivendicando i suoi 25 anni di esperienza nel settore finanziario in istituzione bancarie ai vertici mondiali, o anche per grandi gruppi, tra cui quelli petroliferi come Gazprom, Lukoil e Petrobras. E' proprio la sua esperienza finanziaria in campo petrolifero che alla fine del 2012 lo porta a collaborare con la Segreteria di Stato vaticana, coinvolto da Enrico Crasso del Credit Suisse, come advisor per il progetto Falcon Oil, sull'estrazione petrolifera in Angola. E sono state altresì le sue due diligence a certificare la mancanza di garanzie finanziare, tanto da far tramontare l'operazione caldeggiata all'epoca dal cardinale Angelo Becciu e dal suo amico imprenditore angolano Antonio Mosquito. Proprio i 200 milioni di dollari accantonati dalla Santa Sede per il progetto petrolifero e sistemati, tramite Credit Suisse e Banca della Svizzera Italiana, nel fondo di Mincione Global Commodities Fund, sono stati poi destinati ad essere investiti dal finanziere, tramite il nuovo fondo Global Opportunity Fund (Gof), anche per il palazzo di Sloane Avenue 60.
    "Anche se nei miei fondi è iscritta la parola 'rischio' - ha spiegato Mincione - ho pensato a uno strumento che 'mimasse' un fondo bilanciato, con il 50% in beni immobiliari, il 25% in obbligazioni e il 25% in azioni". "Sapevo che una grandissima parte delle risorse dei Patti Lateranensi è stata investita in Inghilterra, in aree di prestigio come Bond Street. Il più grosso possessore di real estate in Italia e al mondo è il Vaticano. Per me pensare di costruire un investimento basato sul 50% in real estate era fare qualcosa nelle corde dell'investitore, di quello che già conosceva". E secondo Mincione, se la Santa Sede non fosse uscita prima della scadenza dell'investimento avrebbe molto guadagnato, considerando il valore dell'immobile periziato a luglio 2014 a 230 milioni di sterline e aumentato sei mesi dopo già di quasi 30 milioni.
    "Purtroppo, nel 2016, in pieno sviluppo del progetto, ci fu la Brexit che ha congelato tutti gli investimenti internazionali a Londra per circa due anni - ha ricordato Mincione, con i suoi difensori Andrea Zappalà e Giandomenico Caiazza -.
    Improvvisamente, verso la seconda metà del 2018, la Segreteria di Stato ha preteso che vendessimo il palazzo in poco tempo. Ho spiegato loro che in quel momento non era possibile, che avremmo perso denari e inoltre che il periodo di lock up (cinque anni più due) non era terminato".
    "Hanno insistito moltissimo e alla fine hanno preteso che lo vendessimo a loro - ha spiegato -. Questa pretesa unilaterale mi venne rappresentata da un finanziere che loro avevano scelto come 'mediatore' senza di certo interpellarmi: Gianluigi Torzi, persona che conoscevo e col quale avevo fatto alcuni deal in precedenza".
    "Ma io non ho mai fatto nulla perché Torzi fosse incaricato dal Vaticano e anzi non l'ho saputo fino all'ultimo secondo - ha quindi precisato -. Torzi, dopo che aveva messo gli occhi sull'immobile da anni, mi disse solo a novembre 2018 che tramite le sue entrature sarebbe stato il nuovo gestore del progetto immobiliare. Mi disse anche che se non avessi accettato di cedere l'immobile il Vaticano mi avrebbe creato molti problemi.
    Lo stesso tono lo usarono anche Tirabassi e Perlasca, il quale mi chiese espressamente di considerare Torzi come loro mandatario". Insomma, "per accontentare la Segreteria di Stato abbiamo deciso di vendere le nostre partecipazioni in 60 Sloane Avenue al valore della nav (net asset value) alla fine del 2018 (275 milioni di sterline), riprendendoci indietro i titoli del fondo, che come ho detto hanno poi guadagnato molto. Devo ribadire che, contrattualmente, non eravamo neppure costretti a farlo".
    Mincione ha infine sottolineato che "tutte le vicende successive tra Torzi e la Segreteria di Stato mi vedono completamente estraneo". "Ribadisco che il risultato complessivo delle gestioni, come ho detto, numeri alla mano, sarebbe stato assai positivo se avessero atteso il termine della gestione", ha concluso.
   

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