Si sono oggi aperte le urne nella
martoriata Siria per il rinnovo del parlamento, conosciuto come
Assemblea del Popolo. Le elezioni riguardano i 250 seggi della
camera unica, e sono le quarte dal 2011, anno dello scoppio
delle violenze armate che hanno poi innescato una guerra
intestina e regionale ancora in corso.
Le elezioni legislative si svolgono però nel circa 70 per
cento del territorio siriano sotto il controllo del governo
centrale, incarnato dal presidente Bashar al Assad .
L'assemblea nazionale è da decenni, di fatto, un organo privo
di potere legislativo autonomo. E il partito al potere da più di
mezzo secolo, il Baath, domina ancora i meccanismi di selezione
della maggioranza dei deputati.
Dall'inizio della guerra, il governo presieduto da Assad ha
tenuto elezioni parlamentari, presidenziali e locali a
intervalli regolari, ma tali processi sono stati ampiamente
criticati per la loro mancanza di credibilità.
Nelle elezioni presidenziali del 2021, Assad ha ottenuto un
altro mandato con oltre il 95% dei voti, nonostante il record di
scarsa affluenza. Alle elezioni parlamentari del 2020,
l'affluenza era scesa al 33% rispetto al 57% del 2016, con il
governo che aveva allora attribuito questo calo alla pandemia.
Nonostante la costituzione del 2012 abbia formalmente posto
fine al monopolio del Baath e introdotto un sistema
multipartitico di facciata, le dinamiche di potere rimangono in
gran parte invariate.
Il governo infatti riserva circa 183 seggi parlamentari su
250 al Fronte Nazionale Progressista (Npf), una coalizione
capeggiata dal Baath e composta da altre sigle satelliti del
partito al potere.
I rimanenti seggi sono solitamente assegnati a candidati
indipendenti, che per potersi presentare alle elezioni hanno
comunque superato la rigida selezione da parte delle agenzie di
controllo e repressione governative. Dei 12mila aspiranti
candidati, 9.194 sono stati approvati per partecipare alle
elezione. Numerosi candidati si sono però ritirati nelle
settimane passate.
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