(di Marzia Apice)
MARIANO SABATINI, MA CHE BELLE
PAROLE! LUCIANO RISPOLI. IL FASCINO DISCRETO DELLA RADIO E DELLA
TV (Vallecchi Firenze, pp.232, 16 Euro). Nei salotti televisivi
spesso traboccanti di urla e banalità oggi si avverte chiara la
mancanza della televisione "civile" ed educata di Luciano
Rispoli, a cui per i 90 anni dalla nascita il giornalista e
scrittore Mariano Sabatini, suo collaboratore e "allievo", ha
dedicato l'appassionato libro "Ma che belle parole! Luciano
Rispoli. Il fascino discreto della radio e della tv", edito da
Vallecchi. Un libro di ricordi per rendere omaggio all'uomo e al
maestro, ma anche per dare il giusto valore a un professionista
- nato il 12 luglio a Reggio Calabria e scomparso a Roma nel
2016 - molto amato dal pubblico, inventore-conduttore di format
seguitissimi come "Parola mia" e "Tappeto volante", che in
questi anni è stato però purtroppo messo da parte, quasi
inghiottito da un oblio ingiusto. Anche se non è stato celebrato
come avrebbe meritato, resta tuttavia difficile dimenticare per
chi ha seguito i suoi programmi, alcuni davvero rivoluzionari,
l'inconfondibile voce nasale, così come il sorriso cordiale e
l'ironia bonaria, e quelle riflessioni intelligenti che sempre
emergevano nelle sue conversazioni, o ancora la celebre frase
"che belle parole!" con cui entusiasticamente reagiva alle
dissertazioni linguistiche del prof. Beccaria: Rispoli negli
anni è diventato un personaggio molto popolare, che entrava con
rispetto e "chiedendo permesso" nelle case degli Italiani, ma
soprattutto un autentico innovatore dotato di mestiere e intuito
che, in 60 anni di carriera, ha davvero cambiato la storia della
radio e della tv. A lui si devono la proposta del primo talk
show in Italia con "L'ospite delle due", l'intuizione del titolo
"Bandiera gialla" e della "Corrida", che tra l'altro Corrado non
aveva intenzione di fare, mentre con Adriano Magli diede vita
contro il parere del direttore Leone Piccioni allo storico
"Chiamate Roma 3131", che di fatto fece nascere la radio
moderna, fino ad allora molto formale e istituzionale, aprendola
alla partecipazione diretta del pubblico. "Avevo appena 23 anni
e iniziò così la mia parabola di autore per il piccolo schermo
al fianco di un padre nobile della Rai, pigmalione di personaggi
immensi e inventore di format rivoluzionari, con il quale ho
avuto un rapporto di tipo filiale per più di venti anni, e fino
alla sua scomparsa", scrive con affetto e rigore Sabatini,
ripercorrendo la vita e la carriera del suo maestro in pagine
rese ancora più godibili dalla scrittura sciolta e accurata, e
da una lunga serie di aneddoti, curiosità, ricordi personali.
C'è nostalgia da parte dell'autore, che raccontando l'iter
professionale e umano di Rispoli ha l'occasione di tornare anche
sui propri passi, a quando cioè era ancora un ragazzo e cercava
il proprio posto nel mondo. Ma di certo in questo suo libro
prevale la volontà di sottolineare il valore di quello che è
stato senza dubbio uno dei migliori autori e conduttori (ma
anche dirigente) italiani degli ultimi decenni, prima in Rai e
poi nella piccola e agguerrita Tmc, rete in cui Rispoli fece la
differenza costruendo la "sua" televisione di qualità. "Quanta
vita, quanto entusiasmo, quante intuizioni e quanta artigianale
abilità scompaiono con lui: un uomo perbene, che ha fatto una
televisione civile (non amava l'aggettivo garbato che lo ha
perseguitato per tutta la permanenza terrena e lo tormenterà
finché ci sarà memoria della sua attività), sempre legata a
spunti culturali e ispirata al buon gusto", scrive ancora
Sabatini delineando di Rispoli un ritratto appassionato e
doveroso per consegnarlo come un piccolo regalo a un pubblico
che di certo non ne ha dimenticato la signorilità e la simpatia,
lo spessore umano e professionale, la misura e la viva
intelligenza.
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