L'arte di Canaletto, Francesco Guardi, Pietro Longhi, Michele Marieschi e Giambattista Tiepolo, i mobili laccati, i preziosi argenti, una tavola imbandita con le porcellane di una delle più antiche manifatture veneziane.
Tutto racconta il fascino della Venezia del Settecento, ultimo
periodo della sua fulgida storia.
Sono tanti i tasselli della
mostra al Museo Accorsi Ometto, curata da Laura Facchin e Luca
Mana, omaggio al mito della Serenissima. Arriva a quasi un
secolo di distanza dalla esposizione intitolata Il Settecento
Italiano e allestita a Venezia nel 1929, con un rilevante
contributo dello stesso Pietro Accorsi.
La mostra 'Venezia nel Settecento. Una città cosmopolita e
il suo mito', aperta dal 20 aprile al 3 settembre, svela,
attraverso nove aree tematiche e grandi opere da collezioni
pubbliche e private, negli spazi espositivi del Museo e lungo le
sale dedicate alla collezione permanente, gli aspetti più
affascinanti e curiosi di Venezia. Si parte dal leone, patrono
della Serenissima, riprodotto per secoli in numerosissimi
luoghi, ma anche sugli oggetti, come nel caso della preziosa
legatura in argento esposta in mostra o del gruppo in porcellana
della rinomata manifattura Cozzi. C'è la Venezia degli artisti e
dei viaggiatori, ci sono le feste e le ricorrenze, la musica che
ha la sua figura simbolo in Antonio Vivaldi, la Venezia ebraica.
Si finisce con la 'nostalgia' e la decadenza che traspare nelle
opere di alcuni artisti della seconda metà del Settecento, da
Giandomenico Tiepolo alle vedute di Venezia dello zio, Francesco
Guardi, preludio della fine della storia millenaria della
Serenissima. Il mito di Venezia, tuttavia, non verrà dimenticato
e sarà perpetuato nel tempo da tantissimi artisti: perfino da
Giorgio de Chirico che, a sorpresa, conclude la mostra.
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