di Amalia Angotti Nella Torino del 1600 esistevano, all'ingresso della città, veri e propri 'punti anti epidemia', oggi diremmo 'anti Covid' : luoghi sotterranei dove veniva confinato per la quarantena chi veniva individuato come soggetto a rischio o riposte le merci contaminate.
Sono gli Infernotti, luogo ai più sconosciuto, che la Fondazione Accorsi-Ometto riaprirà al pubblico tra un anno, dopo lavori di adeguamento e di accessibilità.
Gli Infernotti sono in via Po 55, quasi all'altezza di
piazza Vittorio Veneto, dove un tempo c'era la monumentale Porta
di Po, progettata dall'architetto Guarini. Si accede da uno dei
cortili del palazzo nel quale è ospitato il Museo di Arti
Decorative Accorsi-Ometto. Voluto dai padri antoniani
dell'abbazia di Saint-Antoine en Viennois - spiega il direttore
Luca Mana - il palazzo fu dotato fin dalla origine di una chiesa
dedicata a Sant'Antonio Abate. I primi documenti risalgono al
1616 quando il complesso venne aperto ai religiosi e ai malati
da loro curati. Gli Infernotti - con una tessitura muraria,
caratterizzata da ciottoli di fiume e mattoni - furono costruiti
nelle fondamenta della chiesa e vennero usati come cantine. La
chiesa fu sconsacrata nel 1773. Nella seconda guerra mondiale fu
utilizzata come rifugio antiaereo.
Quello degli infernotti non è l'unico progetto della
Fondazione Accorsi-Ometto che, nonostante la sospensione
temporanea dell'attività, non si è mai fermata. Allo studio c'è
l'ampliamento del Museo con la realizzazione dell'area
biglietteria e accoglienza in via Po e gli uffici della
Fondazione al primo piano. Il progetto, nato su idea del
consigliere Sergio Ballarè e sposato con grande entusiasmo dal
vicepresidente Guido Appendino, punta ad ampliare l'area
espositiva nell'attuale sala conferenze e foyer: l'idea - spiega
Appendino - è di liberare, per esempio, il Salone cinese,
rivestito da grandi pannelli in carta di riso, dai pannelli
utilizzati per i quadri valorizzando gli ambienti e il
patrimonio della fondazione. I lavori inizieranno a breve con
l'obiettivo di potere utilizzare anche i nuovi spazi per la
grande mostra che aprirà il 7 ottobre 'Parigi era viva. De
Chirico, Savinio e Les Italiens de Paris'.
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