"Alle prossime manifestazioni
scenderemo con un servizio d'ordine per proteggerci dagli
attacchi militari della Questura, che ha voluto scientemente
alzare lo scontro": lo ha detto Riccardo Germani, uno degli
organizzatori del corteo pro Pal di sabato scorso a Milano,
intervenendo alla conferenza stampa indetta per spiegare 'come
sono andate le cose'.
Secondo Germani, storico attivista oggi impegnato alla Camera
del Non Lavoro, "è stata costruita una trappola per non parlare
della manifestazione contro genocidio, riarmo e repressione. Ci
sono sempre scritte sui muri, quella è una scusa, l'obiettivo
era attaccare in modo eclatante la manifestazione".
Per questo "non permetteremo più che le forze dell'ordine
entrino nei cortei in questo modo - ha proseguito -: devono
stare all'inizio o alla fine, come è sempre stato. Noi abbiamo
già organizzato una riunione perché non è possibile che chi
dissente finisca in questura o rischi la vita. Il 12 aprile in
piazza c'erano tantissime famiglie con bambini ed è stata una
vergogna attaccare il corteo a freddo".
A Milano si organizzano manifestazioni pro Pal ogni sabato da
un anno e mezzo e "non è mai successo niente - ha sottolineato
Khader Tamimi, delle comunità palestinesi lombarde - la Digos
ci conosce uno ad uno, secondo noi hanno spaccato
volontariamente il corteo a metà per uscire sui giornali e
denunciare scontri. Chiediamo alle autorità di dire la verità,
parlare di scontri è falso, si sono dimenticati dei 50mila che
hanno detto no al genocidio. Eravamo un corteo unito, quel che è
successo è stata una frammentazione voluta, l'obiettivo non
siamo noi ma la denuncia del genocidio in Palestina".
"I violenti non siamo noi, ma i poliziotti che caricano gente
inerme indossando felpe di estrema destra" ha aggiunto Layla dei
Giovani Palestinesi d'Italia, che per il 25 aprile annuncia
"lotta: non ci lasciamo spaventare, scenderemo in piazza più
preparati e uniti".
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