Va a processo per associazione
mafiosa, estorsione e altri reati Michele Oppedisano, 53 anni,
presunto boss della cosca Pesce radicata in Brianza e già
condannato dopo il famoso blitz 'Infinito' del 2010, nonché
nipote di Domenico Oppedisano, "Capo Crimine della 'ndrangheta"
in Calabria. Lo ha deciso il gup di Milano Guido Salvini, a
seguito di un'inchiesta dei pm Paola Biondolillo e Sara Ombra
con al centro "strategie di infiltrazione nel tessuto
economico-imprenditoriale" in Lombardia da parte dei clan e casi
di "protezione-estorsione" su "un gruppo di promotori
finanziari".
Stando alle indagini che avevano portato agli arresti nel
2021, la cosca con capo Oppedisano avrebbe costituito anche
varie società, tra cui Mcf e Colmet, con l'aiuto di un avvocato
e di un commercialista, che servivano per regolarizzare sulla
carta lavoratori stranieri e per emettere fatture false. Questa
una delle minacce di Oppedisano intercettate: "Ti taglio la
testa e te la faccio trovare davanti a casa di tua madre
attaccata davanti al cancello".
Il giudice ha disposto il rinvio a giudizio (processo a Monza
il 15 dicembre) pure per altri 5 imputati, tra cui Pasquale
Oppedisano, figlio di Michele, anche lui affiliato alla "locale
di 'ndrangheta di Erba", provincia di Como. E ancora Santo
Paviglianiti e Aldo Bosina (per autoriciclaggio), già condannato
per traffico illecito di rifiuti come amministratore di fatto
della Ipb Italia, società che gestiva il capannone di via
Chiasserini, a Milano, andato a fuoco il 14 ottobre 2018 con un
vasto incendio durato per giorni.
Il gup ha prosciolto un altro imputato e condannato con rito
abbreviato 4 persone, tra cui Domenico Larocca (10 anni di
reclusione), "uomo di fiducia" di Michele Oppedisano, a
"completa disposizione" nelle "attività estorsive e di
riciclaggio". In due hanno patteggiato.
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