E' stato un omicidio volontario
quello commesso da Evaristo Scalco, il maestro d'ascia che la
notte tra l'1 e il 2 novembre 2022 uccise nel centro storico di
Genova con una freccia Javier Alfredo Miranda Romero. Lo hanno
stabilito i giudici della Cassazione che però hanno rinviato
alla corte d'appello di Milano per una nuova qualificazione
della pena. Scalco era stato condannato sia in primo che in
secondo grado a 23 anni.
Romero, quella notte, era uscito a festeggiare con un amico
la nascita del figlio. I due si sono trovati a un certo punto in
un vicolo sotto la finestra di Scalco. L'artigiano si era
affacciato e li aveva mal apostrofati ("andate via immigrati di
m...") perché a suo dire facevano baccano e avevano orinato
contro il muro. I due amici gli avevano risposto, uno di loro
gli aveva mostrato il dito medio e allora il maestro d'ascia
aveva preso l'arco che teneva in casa, aveva montato la punta
più letale che aveva, e aveva colpito Romero. Era poi sceso in
strada e aveva provato a estrarre il dardo. Ma "per ben undici
minuti dopo aver scoccato la freccia - ha ricordato la pm
Arianna Ciavattini in aula in primo grado - l'imputato non ha
soccorso la vittima e neppure ha chiamato i soccorsi, al
contrario di tanti altri presenti in quei momenti". La vittima
era arrivata in condizioni disperate in ospedale dove era poi
morto. I difensori di Scalco, gli avvocati Jacopo Pensa e
Federico Papa, hanno sempre sostenuto che l'artigiano non
volesse uccidere "ma solo spaventare". Sia i giudici di primo
grado che quelli di secondo hanno escluso l'aggravante dell'odio
razziale ma non quella dei futili motivi. Patricia Zena, la
compagna della vittima (assistita dagli avvocati Francesca
Palmero e Jari Felice), in udienza aveva ricordato come il
compagno fosse riuscito a vedere il figlio solo due volte prima
di morire.
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